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CONFINI. Da Turner a Monet a Hopper. Canto con variazioni

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Una mostra come non si è mai vista, in uno scrigno aperto, anzi creato, per l’occasione. “Confini. Da Turner a Monet a Hopper. Canto con variazioni”, a cura di Marco Goldin, si propone come l’evento di punta di “GO! 2025 Nova Gorica – Gorizia, European Capital of Culture”, di cui interpreta il tema. Ad accoglierla gli spazi totalmente rinnovati, e adeguati a mostre di livello internazionale, dell’Esedra di Levante di Villa Manin, a Passariano di Codroipo (Udine).Va riconosciuto che, se la firma curatoriale e l’idea sono di Marco Goldin, è altrettanto vero che “Confini” ha un secondo “padre”: Massimiliano Fedriga, Governatore della Regione Friuli Venezia Giulia, che ha sposato appieno il progetto scientifico e si è adoperato per realizzare le condizioni per poter creare, nel complesso monumentale di Villa Manin, spazi sicuri e adeguati ad accogliere i prestiti internazionali che rendono assolutamente unica, e difficilmente replicabile, questa grandiosa rassegna.Va anche riconosciuto che pochi curatori al mondo potrebbero riunire capolavori del livello che il pubblico ammirerà a Villa Manin, scelti uno per uno da Goldin sulla base di un progetto scientifico nel quale, com’è nelle sue corde, l’arte si fa poesia, letteratura, profondo, in un percorso, talvolta immediato talaltra carsico, che unisce in un racconto preciso e affascinante sfaccettature così apparentemente diverse di realtà.Qui i confini non sono barriere ma opportunità, ambiti di creative contaminazioni, di scambio, aperture di nuovi orizzonti, stimoli. Si tratti di confini geografici, storici, orografici, psicologici o culturali, su percorsi che spaziano dall’infinitamente grande dell’universo al segreto della propria anima.Oltre cento opere a raccontarli, quei confini. Opere concesse da una quarantina di musei sia europei sia americani e da gelose collezioni private. La competenza e le relazioni di Goldin, collaudate da decine di mostre di successo, hanno aperto porte “impossibili”.Questa mostra offrirà un insieme di capolavori che lascerà il pubblico a bocca aperta. Per la qualità dei dipinti, in un primo momento. Poi, lasciandosi trasportare dall’emozione, dalle assonanze, dalle atmosfere, si resterà colpiti dalla profondità degli assunti che vengono sottesi, e poi emergono. Quindi dalla scelta di ciascuna opera e dalla sua relazione con quelle vicine, dai richiami alla letteratura, alla musica, alla psicanalisi. Così che il piacere estetico diventerà “solo” il punto di partenza per valicare confini che conducono a viaggi fuori e dentro di sé.Si tratti di Kiefer o Constable, di Friedrich o Bacon, di Hopper o Nolde, di Van Gogh (il curatore ha scelto di riunire, qui, per la prima volta i due soli ritratti che l’artista ha realizzato ai compagni di vita del manicomio in cui egli stesso era rinchiuso), di Monet, Segantini, Winslow Homer, Frederic Edwin Church, Renoir, Degas, Gauguin, Pissarro, Courbet, Hodler, Nicolas de Staël, Mondrian, Rothko, Cezanne o Thomas Cole o Sanford Robinson Gifford, Edvard Munch o Henri Matisse e Amedeo Modigliani, Richard Diebenkorn e Andrew Wyeth o Hokusai e Hiroshige…mutano colori, ambienti, modalità di racconto, sensibilità. Ma, quale che sia la scala, dal maestoso al minuscolo, e l’intervallo di tempo, “accade sempre qualcosa, su ogni scala c’è un’armonia da cogliere, una struttura che si forma o che muore”.«Siamo estremamente orgogliosi di ospitare ‘Confini’, una delle mostre più prestigiose a livello europeo. Un unicum non replicabile visto che non si tratta di una delle tante esposizioni itineranti che frequentemente possiamo vedere, ma di una iniziativa dell’elevatissimo spessore artistico che prevede l’arrivo di opere da diverse collezioni da tutto il mondo - sostiene il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga -. Si tratta di un evento straordinario che potrà essere apprezzato esclusivamente in Friuli Venezia Giulia. Crediamo che questa proposta rappresenti in modo evidente quanto la nostra Regione stia investendo sulla promozione del territorio attraverso l’arte e la cultura, strumenti capaci di coinvolgere il grande pubblico. Una vera e propria perla per un evento già di per sé epocale come Go!2025 che sarà ricchissimo di appuntamenti interessanti».«Nova Gorica Gorizia Capitale europea della Cultura 2025 rappresenta una straordinaria opportunità per affermare una visione futura della nostra Regione e per esplorare la cultura di frontiera, costruendo nuovi dialoghi e nuove relazioni transfrontaliere. In quest’ottica - afferma il vicepresidente della Regione Friuli Venezia Giulia e assessore alla Cultura Mario Anzil - si inserisce alla perfezione la grande mostra ‘Confini’ che, grazie alle opere di artisti immortali, condurrà i visitatori attraverso un’esperienza assolutamente unica in grado di trasmette piacere, elevare le nostre esistenze e donare preziosi momenti di riflessione».«Il mio è un senso di gratitudine profonda verso il governatore Fedriga e tutta la Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia – sottolinea il curatore di ‘Confini’ Marco Goldin -. Per avermi dato la possibilità di pensare a una mostra costruita con pazienza, prestito dopo prestito, senza fretta e senza scorciatoie. Una mostra frutto della conoscenza, dello studio, delle letture. Frutto della mia emozione tanto intensa, e senza confini, verso la pittura».  

Confini. Da Turner a Monet a Hopper. Canto con variazioni

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Una mostra come non si è mai vista, in uno scrigno aperto, anzi creato, per l’occasione. “Confini. Da Turner a Monet a Hopper. Canto con variazioni”, a cura di Marco Goldin, si propone come l’evento di punta di “GO! 2025 Nova Gorica – Gorizia, European Capital of Culture”, di cui interpreta il tema. Ad accoglierla gli spazi totalmente rinnovati, e adeguati a mostre di livello internazionale, dell’Esedra di Levante di Villa Manin, a Passariano di Codroipo (Udine).Va riconosciuto che, se la firma curatoriale e l’idea sono di Marco Goldin, è altrettanto vero che “Confini” ha un secondo “padre”: Massimiliano Fedriga, Governatore della Regione Friuli Venezia Giulia, che ha sposato appieno il progetto scientifico e si è adoperato per realizzare le condizioni per poter creare, nel complesso monumentale di Villa Manin, spazi sicuri e adeguati ad accogliere i prestiti internazionali che rendono assolutamente unica, e difficilmente replicabile, questa grandiosa rassegna.Va anche riconosciuto che pochi curatori al mondo potrebbero riunire capolavori del livello che il pubblico ammirerà a Villa Manin, scelti uno per uno da Goldin sulla base di un progetto scientifico nel quale, com’è nelle sue corde, l’arte si fa poesia, letteratura, profondo, in un percorso, talvolta immediato talaltra carsico, che unisce in un racconto preciso e affascinante sfaccettature così apparentemente diverse di realtà.Qui i confini non sono barriere ma opportunità, ambiti di creative contaminazioni, di scambio, aperture di nuovi orizzonti, stimoli. Si tratti di confini geografici, storici, orografici, psicologici o culturali, su percorsi che spaziano dall’infinitamente grande dell’universo al segreto della propria anima.Oltre cento opere a raccontarli, quei confini. Opere concesse da una quarantina di musei sia europei sia americani e da gelose collezioni private. La competenza e le relazioni di Goldin, collaudate da decine di mostre di successo, hanno aperto porte “impossibili”.Questa mostra offrirà un insieme di capolavori che lascerà il pubblico a bocca aperta. Per la qualità dei dipinti, in un primo momento. Poi, lasciandosi trasportare dall’emozione, dalle assonanze, dalle atmosfere, si resterà colpiti dalla profondità degli assunti che vengono sottesi, e poi emergono. Quindi dalla scelta di ciascuna opera e dalla sua relazione con quelle vicine, dai richiami alla letteratura, alla musica, alla psicanalisi. Così che il piacere estetico diventerà “solo” il punto di partenza per valicare confini che conducono a viaggi fuori e dentro di sé.Si tratti di Kiefer o Constable, di Friedrich o Bacon, di Hopper o Nolde, di Van Gogh (il curatore ha scelto di riunire, qui, per la prima volta i due soli ritratti che l’artista ha realizzato ai compagni di vita del manicomio in cui egli stesso era rinchiuso), di Monet, Segantini, Winslow Homer, Frederic Edwin Church, Renoir, Degas, Gauguin, Pissarro, Courbet, Hodler, Nicolas de Staël, Mondrian, Rothko, Cezanne o Thomas Cole o Sanford Robinson Gifford, Edvard Munch o Henri Matisse e Amedeo Modigliani, Richard Diebenkorn e Andrew Wyeth o Hokusai e Hiroshige…mutano colori, ambienti, modalità di racconto, sensibilità. Ma, quale che sia la scala, dal maestoso al minuscolo, e l’intervallo di tempo, “accade sempre qualcosa, su ogni scala c’è un’armonia da cogliere, una struttura che si forma o che muore”.«Siamo estremamente orgogliosi di ospitare ‘Confini’, una delle mostre più prestigiose a livello europeo. Un unicum non replicabile visto che non si tratta di una delle tante esposizioni itineranti che frequentemente possiamo vedere, ma di una iniziativa dell’elevatissimo spessore artistico che prevede l’arrivo di opere da diverse collezioni da tutto il mondo – sostiene il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga -. Si tratta di un evento straordinario che potrà essere apprezzato esclusivamente in Friuli Venezia Giulia. Crediamo che questa proposta rappresenti in modo evidente quanto la nostra Regione stia investendo sulla promozione del territorio attraverso l’arte e la cultura, strumenti capaci di coinvolgere il grande pubblico. Una vera e propria perla per un evento già di per sé epocale come Go!2025 che sarà ricchissimo di appuntamenti interessanti».«Nova Gorica Gorizia Capitale europea della Cultura 2025 rappresenta una straordinaria opportunità per affermare una visione futura della nostra Regione e per esplorare la cultura di frontiera, costruendo nuovi dialoghi e nuove relazioni transfrontaliere. In quest’ottica – afferma il vicepresidente della Regione Friuli Venezia Giulia e assessore alla Cultura Mario Anzil – si inserisce alla perfezione la grande mostra ‘Confini’ che, grazie alle opere di artisti immortali, condurrà i visitatori attraverso un’esperienza assolutamente unica in grado di trasmette piacere, elevare le nostre esistenze e donare preziosi momenti di riflessione».«Il mio è un senso di gratitudine profonda verso il governatore Fedriga e tutta la Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia – sottolinea il curatore di ‘Confini’ Marco Goldin -. Per avermi dato la possibilità di pensare a una mostra costruita con pazienza, prestito dopo prestito, senza fretta e senza scorciatoie. Una mostra frutto della conoscenza, dello studio, delle letture. Frutto della mia emozione tanto intensa, e senza confini, verso la pittura».

Le sfide del corpo

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In occasione dei Giochi Olimpici invernali di Milano Cortina 2026, il Mart presenta Le sfide del corpo, una mostra a cura di Antonio Calbi, direttore dell’Istituto italiano di cultura di Parigi, e Daniela Ferrari, curatrice Mart.  In un percorso tematico, oltre 200 opere d’arte antica, moderna e contemporanea celebrano la dimensione più straordinaria del corpo umano insieme alle idee di forza e bellezza, energia e potenza.Secondo quella prospettiva multidisciplinare che da sempre caratterizza il Mart, saranno allestiti dipinti, sculture, fotografie, cartellonistica, illustrazione, fumetto, editoria, moda, oggetti, attrezzi, trofei, cimeli. Prestigiosi prestiti, provenienti da collezioni pubbliche e private, dialogano con capolavori appartenenti alle Collezioni museali.Le sfide del corpo è un viaggio nella rappresentazione che le arti hanno dato del corpo nel corso di due millenni e mezzo. Fin dall’antichità, infatti, le arti visive e plastiche hanno glorificato il corpo maschile e femminile innalzandolo a emblema di perfezione, fra natura e cultura. Partendo dell’arte antica, con significativi accenni alla rappresentazione greco-romana, la mostra ripercorrerà il tema dello sport nella sua ampiezza e varietà, per giungere al tema del corpo interpretato dagli artisti della modernità e della contemporaneità.Ancora una volta il Mart mette in dialogo periodi storico-artistici differenti, attraversando i secoli e superando i limiti del tempo. La struttura stessa del museo, disegnata dall’archistar Mario Botta, celebra la classicità: dal Pantheon ripreso nella forma e nelle proporzioni della cupola, all’impluvium romano a cui è ispirata la fontana al centro della piazza, fino alla pietra gialla di Vicenza che riveste la struttura.Anticipano i curatori che a Rovereto sarà possibile ammirare: “Corpi lanciati nell’agone sportivo raccontati dalla pittura e dalla scultura, dalla letteratura alla poesia, dal cinema alla pubblicità, posti in dialogo virtuoso con corpi danzanti nell’intento di allargare l’ambito disciplinare alle diverse manifestazioni in cui il corpo umano amplifica sé stesso attraverso il movimento, la sfida oltre il proprio limite, la ricerca della grazia e dell’espressività”.Ne sono un esempio la celebre serie fotografica che Mimmo Jodice ha dedicato agli atleti, ma anche i “pugili” di Marini Marini, Carlo Carrà o di Piero Pompili, i calciatori di Maurizio Cattelan, i lottatori di Tullio Crali. Si tratta di straordinarie opere provenienti dalle raccolte del Mart, come quelle, ugualmente presenti in mostra, di Fortunato Depero, Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Adalberto Libera, Fausto Pirandello, Massimo Campigli, Mario Sironi, Giulio Paolini e tanti altri.

Ian Davenport. Holding Center

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Todi (PG) conferma la sua vocazione di promotrice dell’arte contemporanea.Il rapporto di collaborazione che si è instaurato tra il Comune di Todi, il Todi Festival e la Fondazione Progetti Beverly Pepper ha già portato in città artisti di caratura internazionale quali Arnaldo Pomodoro, Fabrizio Plessi, Mark di Suvero. Per il 2025, Todi accoglierà Ian Davenport (Sidcup, UK, 1966), uno dei più rilevanti autori britannici, già appartenente al gruppo Young British Artist, che ha firmato il manifesto per la 39^ edizione del Todi Festival a capo del quale torna da quest’anno Silvano Spada, suo storico ideatore e direttore.Ian Davenport, che fa ritorno in spazi pubblici in Italia, dopo la mostra del 2022 al Chiostro del Bramante a Roma, ha preparato per Todi una serie di iniziative di grande interesse. La prima è la sua personale, dal titolo Holding Center, curata da Marco Tonelli, curatore scientifico della Fondazione Progetti Beverly Pepper, in programma dal 31 agosto al 5 ottobre 2025, alla Sala delle Pietre, dove presenterà alcune sue celebri pitture-installazioni, a metà tra bidimensionalità e scultura (Painting with floors), affiancate da lavori su carta (Splats) caratterizzati da spruzzi colanti di colore.Una sua video-installazione, inoltre, animerà durante i giorni del Todi Festival (30 agosto - 7 settembre 2025) il Palazzo del Capitano in Piazza del Popolo, principale palcoscenico della manifestazione. “Sono lieto – dichiara Ian Davenport - di essere stato invitato dalla Fondazione Progetti Beverly Pepper e dalla città di Todi a esporre il mio lavoro. Per me, l’Italia è sempre stata la patria della brillantezza artistica e i pittori del Rinascimento italiano hanno avuto un'influenza enorme sul mio lavoro. L'ispirazione per i colori nelle mie opere proviene spesso da artisti come Beato Angelico, Lorenzo Monaco e Sandro Botticelli. I miei dipinti esplorano la materialità fisica della pittura, andando talvolta ad evolvere oltre la bidimensionalità, assumendo dunque una forma scultorea che restituisce un intervento dinamico nello spazio espositivo”.Come d’abitudine, la Fondazione Progetti Beverly Pepper accompagnerà le iniziative dedicate a Ian Davenport con un ricco calendario di eventi collaterali gratuiti, come visite guidate ai luoghi del contemporaneo a Todi, laboratori per bambini e progetti didattico-formativi per scolaresche. "Ian Davenport – afferma Antonino Ruggiano, Sindaco di Todi - regala al Todi Festival 2025 un manifesto ricco di luci e di colori, anticipando iconicamente la cifra di una special edition con la quale la città ritrova Silvano Spada direttore artistico e vede consolidare la collaborazione con la Fondazione Progetti Beverly Pepper. Il nome di un altro artista di fama internazionale si aggiunge alla straordinaria galleria di prestigiose firme, di grandi mostre e di opere d'arte contemporanea che hanno vivificato Todi nell'ultimo mezzo secolo”. “Ringrazio la Fondazione Progetti Beverly Pepper – asserisce Silvano Spada, Direttore artistico Todi Festival - per il suo omaggio al Festival con la realizzazione del Manifesto a firma dell’artista inglese Ian Davenport: un gesto che consente di proseguire nella mia attenzione per l’arte contemporanea con, tra gli altri, i nomi di Alighiero Boetti, Kounellis, Pistoletto, autori di celebri manifesti di alcuni dei miei Festival. Ma, soprattutto e con tenerezza, mi fa piacere ricordare che, nell’ormai lontano 1987, Beverly fu la mia primissima fan e mio riferimento mondan/culturale dei miei incontri privati o di rappresentanza nella socialità della Todi di allora e, all’epoca, a me sconosciuta”. “Siamo orgogliosi – sottolinea Elisa Veschini, Presidente Fondazione Progetti Beverly Pepper - di riaffermare la nostra prestigiosa partnership con il Todi Festival, un'alleanza che continua a crescere con entusiasmo e passione. È per noi un onore poter lavorare al fianco di un Festival che, con la nuova direzione di Silvano Spada, si arricchisce di nuove energie e visioni. La sua guida ispiratrice ci stimola a proseguire un percorso illuminato che, da anni, porta a Todi alcuni dei più grandi nomi dell'arte contemporanea, rendendo questa città un punto di riferimento internazionale per la cultura. Ringraziamo il maestro Ian Davenport per aver accettato il nostro invito, la sua opera contribuirà ancora una volta, a questo straordinario progetto che celebra l'arte in tutte le sue forme”. “Ian Davenport – ricorda Marco Tonelli, Curatore del progetto e curatore scientifico della Fondazione Progetti Beverly Pepper -è uno dei più importanti pittori astratti britannici attivi dalla fine degli anni ’80, riconosciuto a livello internazionale, le cui opere riescono a sedurre, quasi magicamente, e attivare lo sguardo sia di specialisti che di profani, grazie ai loro colori dinamici e ai processi del dipingere sempre in vista, come se lo spettatore fosse parte del farsi dell’opera e l’opera qualcosa di vivo e ancora in progress. Un’arte coinvolgente quindi, quasi partecipata, in cui lo scorrere del tempo e l’immediatezza dell’esperienza sembrano costituire la sostanza della pittura, tenendo in equilibrio apparenza e struttura”. Ian DavenportNato nel Kent, in Inghilterra, nel 1966, Ian Davenport si è laureato al Goldsmiths College of Art di Londra nel 1988 e lo stesso anno, come parte della generazione degli Young British Artists, ha partecipato alla celebre mostra “Freeze”. Già due anni dopo la sua laurea ha ottenuto la prima mostra personale presso le Waddington Galleries di Londra. Nel 1991 è stato nominato per il prestigioso Turner Prize per cui ancora oggi detiene il record del più giovane artista candidato. Ian Davenport è noto per le sue pitture astratte che esplorano il processo e la materialità. Di recente il suo lavoro è consistito in linee di vernice acrilica versate con cura su una superficie inclinata facendo fuoriuscire la pittura nello spazio dell’osservatore dove le colate si accumulano in complesse disposizioni di linee e colori. Negli ultimi dieci anni ha inoltre rivolto la sua attenzione alla serigrafia e all’incisione creando un’enorme raccolta di opere grafiche. Davenport ha esposto ampiamente in tutto il mondo, partecipando a mostre istituzionali di rilievo come quelle alla Dundee Contemporary Arts nel 1999, all'Ikon Gallery di Birmingham nel 2004, alla Tate Liverpool nel 2000 e al Dallas Contemporary in Texas nel 2018. Ha realizzato importanti commissioni, tra cui Poured Lines Southwark Street a Londra nel 2006, un dipinto largo 48 metri su un ponte, che è una delle più grandi opere d'arte pubbliche permanenti nel Regno Unito. Alla Biennale di Venezia del 2017, Ian Davenport ha presentato un'installazione di oltre 1.000 strisce, una commissione di Swatch, insieme a un orologio speciale Swatch Art. Nel 2016 ha dipinto a mano una serie di piatti in porcellana in collaborazione con Meissen, commissionata dalla South London Gallery, e ha progettato una borsa in edizione speciale per il progetto Lady Art di Christian Dior. Nel 2010 ha completato un programma di residenza presso la Josef e Annie Albers Foundation nel Connecticut, USA. Le sue opere sono presenti in importanti collezioni museali, tra cui: Arts Council of Great Britain, Tate di Londra, Centre Pompidou di Parigi, National Museum Wales di Cardiff, Von der Heydt Museum di Wuppertal, Museum of Modern Art di La Spezia, Borusan Art Gallery di Istanbul, Museum of Modern Art di New York e Dallas Museum of Art, Texas. La prima monografia del suo lavoro è stata pubblicata da Thames Hudson nel 2014. Ian Davenport è rappresentato in Italia dalla galleria Luca Tommasi di Milano.

Stupore, realtà, enigma. Pietro Bellotti e la pittura del Seicento a Venezia

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Le Gallerie dell’Accademia di Venezia sono liete di annunciare la mostra Stupore, realtà, enigma. Pietro Bellotti e la pittura del Seicento a Venezia, che si terrà dal 19 settembre 2025 al 18 gennaio 2026. Curata da Francesco Ceretti, Michele Nicolaci e Filippo Piazza, l’esposizione presenta al grande pubblico il pittore bresciano, attivo a Venezia per la maggior parte della sua carriera, Pietro Bellotti (1625-1700), ancora poco noto, ma di indubbio fascino ed inserirlo all’interno del contesto artistico straordinario della pittura lagunare del pieno Seicento. La mostra racconta la nascita e lo sviluppo, nella Venezia di metà Seicento, di un nuovo modo di interpretare temi e soggetti propri dell’immaginario barocco, dove la predilezione per iconografie inconsuete si associa a un’acuta osservazione del dato reale, creando un affascinante connubio tra “stupore” e “realtà”. Entrambi questi elementi sostanziano l’opera di Bellotti ed emergono in due importanti dipinti a lui riferibili, acquisiti di recente dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia: si tratta del cosiddetto Autoritratto come allegoria dello Stupore, una sorta di eccentrica presentazione ufficiale del pittore nell’agone pittorico veneziano, e dei Popolani all’aperto, prototipo della “pittura di realtà” e capolavoro della scena di genere, che costituisce un ponte con la celebre produzione del milanese Giacomo Ceruti di inizio Settecento. Quest’ultima tela, in particolare, è da tempo al centro di un complesso dibattito attributivo al quale la mostra intende fornire un contributo di primo piano, anche sulla base degli esiti del recente restauro. Da questa particolare congiuntura, che talvolta rivela degli “enigmi” interpretativi, deriva la possibilità di compiere un inedito percorso attraverso la pittura veneziana d’età barocca, grazie ai prestiti eccezionali concessi da musei internazionali e italiani, quali il Museo Nacional del Prado di Madrid, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, la Staatsgalerie di Stoccarda, il Dallas Museum of Art, le Gallerie degli Uffizi di Firenze, il Castello Sforzesco di Milano. Tali prestiti, oltre che tratteggiare il percorso pittorico di Bellotti, consentono di istituire importanti confronti con alcuni tra i massimi protagonisti del tempo (tra cui Ribera, Giordano, Cagnacci, Langetti) attivi, o legati, a Venezia dove si distinse uno specifico gruppo di artisti che in qualche modo dialoga sia con le straordinarie invenzioni bellottiane sia con la contemporanea scena lombarda, richiamata in mostra da pittori come Monsù Bernardo e il cosiddetto Maestro della tela jeans. In questo senso, l’evento rappresenta una preziosa occasione di riflessione e, al tempo stesso, un imprescindibile momento di sintesi nel contesto della cultura figurativa del Seicento. Una stagione segnata, soprattutto a Venezia, dalla fioritura di nuove correnti espressive alimentate, per molti versi, anche dai dibattiti letterari e filosofici sorti all’interno delle accademie che ribadiscono, una volta di più, lo stretto rapporto che intercorre tra pittura e letteratura.Un itinerario di per sé articolato che contribuisce al fascino senza tempo della pittura di Bellotti, caratterizzata da soggetti misteriosi, spesso legati alla negromanzia, alla filosofia e all’esoterismo. La rassegna, inoltre, si pone in continuità con il recente riallestimento delle sale delle Gallerie dell’Accademia dedicate alle collezioni del Sei e Settecento (2021) e ai due convegni scientifici su temi seicenteschi organizzati nel biennio successivo. «Si tratta – sottolinea Giulio Manieri Elia, direttore delle Gallerie dell’Accademia – di una mostra ambiziosa, la prima che la città dedica alla pittura del Seicento veneziano dopo la grande rassegna del 1959. È un lavoro di studio e di ricerca, ma anche di fondamentale valorizzazione delle opere delle nostre collezioni, nel solco di  quel percorso di riscoperta sul Seicento veneto cominciato con il riallestimento delle sale al piano terra e con i due convegni negli anni seguenti. ». L’esposizione, che si avvale di un comitato scientifico di alto profilo – che comprende Linda Borean, Francesco Frangi, Fabrizio Magani, Giulio Manieri Elia e Alessandro Morandotti – sarà accompagnata da un catalogo curato da Francesco Ceretti, Michele Nicolaci e Filippo Piazza, corredato da saggi di noti studiosi italiani.Pietro BellottiNativo del Garda e allievo di Girolamo Forabosco, presente a Venezia a partire dagli anni Quaranta del Seicento, Bellotti fu un pittore di notevole successo, tanto da essere apprezzato dalle più autorevoli voci del tempo, a cominciare dal celebre critico militante Marco Boschini, con cui strinse una particolare amicizia. In Laguna Bellotti instaurò una fitta rete di contatti con alcune delle personalità più insigni della scena veneziana, come il patrono dell’Accademia Delfica Giacomo Correr, l’ambasciatore spagnolo Antonio Sebastián de Toledo Molina y Salazar, l’art advisor mediceo Paolo Del Sera e il rappresentante austriaco Humprecht Jan Černín. Nonostante ciò, la sua raffinata produzione, quasi interamente connessa a committenze private, ha lasciato pochissime tracce documentarie e non pochi problemi cronologici e attributivi, veri e propri enigmi su cui la storiografia continua a confrontarsi. A complicare la ricostruzione di questa personalità sta il fatto che Bellotti fu attivo non solo a Venezia, che fu pur sempre il centro nevralgico della sua vita, ma anche in Lombardia, tra la Milano spagnola e la Mantova dei Gonzaga, in Baviera, nella Roma di papa Alessandro VIII e, quasi certamente, nella Firenze dei Medici.

DA PICASSO A VAN GOGH. Capolavori dal Toledo Museum of Art. Storie di pittura dall’astrazione all’impressionismo

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Marco Goldin torna nella sua Treviso con una mostra di autentici capolavori. Sessanta quadri dal prestigio altissimo, se si pensa che nelle sale di Santa Caterina giungeranno opere per un valore totale di un miliardo di euro.Un’esposizione che nasce geograficamente da lontano – propone i capolavori del XIX e XX secolo del Toledo Museum of Art, in Ohio – e ancora più nell’anima di Goldin, che, studente a Venezia a Ca’ Foscari, scopre I racconti dell’Ohio di Sherwood Anderson e rimane affascinato dal paesaggio e dai personaggi, parimenti protagonisti.Nasce anche da una occasione più vicina: il Museo statunitense sarà oggetto di un importante ammodernamento e ampliamento e un nucleo delle sue opere più belle farà il giro del mondo. Toccando soprattutto il Continente australe e unicamente Treviso in Europa. Dati i rapporti di lunga data di Goldin con il Museo americano, a Treviso giungerà un’edizione assolutamente speciale della mostra. Il curatore ha infatti ottenuto una integrazione del corpus destinato a girare il mondo, puntando a un nucleo aggiuntivo di opere di qualità assoluta che escono per la prima volta dal Museo e che, dopo questa occasione, non si potranno ammirare se non recandosi in Ohio. Il Toledo Museum of Art è infatti per tradizione una istituzione gelosissima dei suoi innumerevoli capolavori e rarissimamente ne presta anche uno soltanto.Per scelta del critico, il percorso della mostra andrà a ritroso nella storia dell’arte, partendo dall’astrazione americana del secondo Novecento, da Richard Diebenkorn a Morris Louis, da Ad Reinhardt a Helen Frankenthaler, per transitare poi ad alcune esperienze capitali dell’astrazione invece europea, da Ben Nicholson e Josef Albers fino a Piet Mondrian e Paul Klee, per approfondire quindi il passaggio dal ‘900 all’’800 e di seguito i tre grandi temi: la natura morta, le figure e i ritratti, i paesaggi.Nel primo caso, compariranno due tra i maggiori artisti che nel XX secolo si sono dedicati alla natura morta, come Giorgio Morandi e Georges Braque, mentre Henri Fantin-Latour e Camille Pissarro, nel pieno tempo della formazione del gruppo impressionista, diranno, e specialmente il primo, della raffinatezza cui questo tema conduceva i migliori tra i pittori.Molto ampia, la sezione dedicata ai ritratti, alle figure e alle figure ambientate che propone un’emozionante sequenza di opere, a partire da Matisse, Bonnard e Vuillard, per giungere a De Chirico e Modigliani e a uno splendido Picasso cubista del 1909.Poi la relazione, sul tema delle figure all’aria aperta, tra gli impressionisti d’oltreoceano e gli impressionisti francesi, con opere di William Merritt Chase, Berthe Morisot, Camille Pissarro per approdare a Courbet e Millet. I capi d’opera di Pierre-Auguste Renoir, Edouard Manet e Edgar Degas danno valore spettacolare e assoluto a questa sezione.Anche la parte dedicata al paesaggio, quella che chiuderà la mostra, ha i caratteri dell’eccezionalità. Dapprincipio con le visioni che alcuni pittori, in modo assai diverso l’uno dall’altro, dedicano a Venezia (Signac) o a Parigi (Delaunay e Léger) per godere poi di una sequenza strepitosa di paesaggi impressionisti e post-impressionisti. Tra essi una delle più belle, e ultime, versioni delle Ninfee di Monet, accanto a capolavori di Gauguin, Cezanne, Caillebotte, Renoir, Sisley. Infine, su una parete isolata, quel Campo di grano con falciatore a Auvers con cui Van Gogh dà l’addio alla vita.Un quadro che nella sua assolutezza, nel suo essere grondante di colore e umanità, splendidamente rappresenta la qualità altissima delle opere custodite nel Toledo Museum of Art. Tra poco a Treviso.«Siamo entusiasti e orgogliosi di annunciare il ritorno di Marco Goldin a Treviso con una mostra di respiro internazionale, da Picasso a Van Gogh», afferma il Sindaco di Treviso Mario Conte. «Questo evento rappresenta un’importante occasione per affermare Treviso come centro culturale di primo piano, in un momento che accompagnerà anche il periodo delle Olimpiadi di Milano Cortina 2026, che vedrà Treviso come polo logistico. La collaborazione con Goldin non solo arricchisce l’offerta artistica della città, rendendola ancora più attrattiva, ma testimonia anche il nostro impegno nel proseguire il percorso tracciato dal dossier di candidatura a Capitale Italiana della Cultura, aggiungendo ulteriore pregio ad un progetto che ci ha visto, negli ultimi anni, consolidare una programmazione di primo piano. Ringrazio il Presidente Zaia con la Regione Veneto, i nostri partner istituzionali, gli sponsor che hanno voluto sposare questo grande progetto. È una mostra del territorio, il futuro della nostra comunità passa attraverso eventi come questo».«Diamo il benvenuto a Marco Goldin nella sua Treviso, un curatore che ha sempre dimostrato un profondo legame con la sua città, dando e ricevendo in un dialogo continuo fatto di arte e cultura. La mostra che porterà al Museo di Santa Caterina, con capolavori che spaziano da Picasso a Van Gogh, rappresenta un evento di straordinaria rilevanza, capace di attrarre appassionati e visitatori da tutta Italia e oltre.Questo progetto dimostra come Treviso sia una città in cui le istituzioni pubbliche e private si riconoscono nei grandi eventi culturali, perché crediamo fortemente nel valore del rapporto tra impresa e cultura. È proprio questa sinergia che rende possibile la realizzazione di iniziative di così alto livello, confermando la nostra vocazione a essere un punto di riferimento culturale a livello nazionale e internazionale», dichiara Maria Teresa De Gregorio, Assessore alla Cultura e Turismo del Comune di Treviso.

Kandinsky e l’Italia

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Dal 30 novembre 2025 al 12 aprile 2026, il MA*GA di Gallarate (VA) accoglie un’ampia retrospettiva che ruota attorno alla figura di Vassily Kandinsky, uno dei pionieri dell’arte astratta. Curata da Emma Zanella ed Elisabetta Barisoni, progettata e realizzata dal Museo MA*GA e dalla Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro (VE), la mostra dal titolo Kandinsky e l’Italia si concentrerà sulla centralità dell’opera e del pensiero del maestro russo in relazione alla scena europea e, in particolare, alla grande stagione dell’astrattismo italiano che si è sviluppata tra gli anni trenta e gli anni cinquanta del Novecento. Il percorso espositivo racconterà la nascita dell’arte astratta e la sua evoluzione europea e italiana, i cui esiti sono ancora oggi vivi e presenti nel linguaggio artistico contemporaneo, attraverso capolavori provenienti dai due musei, arricchiti da prestigiosi prestiti di collezioni pubbliche e private, di artisti quali Paul Klee, Enrico Prampolini, Mario Radice, Atanasio Soldati, Emilio Vedova.

BANKSY e la Street Art

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L’evoluzione del movimento della street art, dagli esordi di Keith Haring all’attualità, è il focus della originale mostra “BANKSY e la Street Art” in programma in Palazzo Sarcinelli, a Conegliano, dal 15 di ottobre 2025 al 22 marzo 2026.L’esposizione è curata da Daniel Buso e organizzata da ARTIKA in collaborazione con Deodato Arte e la Città di Conegliano.A esservi documentato è un indiscutibile fenomeno dell’arte e della cultura contemporanea. Quello che ha visto l’arte di strada, nel volgere di pochi anni, passare dall’essere un’espressione underground e minoritaria, rifuggita dalle grandi gallerie e dai musei, al divenire la corrente artistica più conosciuta e mainstream del mondo.Attraverso le opere degli street artist più importanti del nostro tempo, vengono indagate le contraddizioni intrinseche di un movimento che ha spiazzato il mondo, ribaltando ogni possibile previsione.Protagonista assoluto dell’esposizione è naturalmente Banksy, lo street artist che si sa essere originario di Bristol ma del quale nessuno conosce la vera identità, a oggi l’esponente più importante di tutta la street art. Il mistero intorno alla sua figura e alle sue opere sempre più controverse e dichiaratamente schierate contro “i potenti” del mondo, accrescono sempre di più il mito di un artista irraggiungibile e rivoluzionario.Ma, con il successo, sono arrivate anche le critiche. Possiamo ancora definire street opere che vengono vendute per milioni di dollari? È giusto che, dopo anni di propaganda contro il sistema dell’arte, ora siano proprio gli street artist al suo vertice?L’efficace metodo comunicativo di Banksy, sorprendentemente abile nel far passare messaggi complessi attraverso un linguaggio comprensibile universalmente, è stato raccolto ed elaborato da artisti come Obey e Mr. Brainwash, oggi esponenti di punta della street art e Mr. Savethewall, artista italiano che si definisce in tal senso un “post-street artist”.La mostra di Palazzo Sarcinelli accoglie anche due mostri sacri della street art, attivi rispettivamente nel Novecento e nel XXI secolo.Il primo è Keith Haring. Diventato famoso grazie ai murales realizzati nelle metropolitane degli anni ‘80, Haring ha creato un nuovo linguaggio comunicativo il cui segno grafico nero ne è la principale forma. “Mi è sempre più chiaro che l’arte non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi: l’arte è per tutti e questo è il fine a cui voglio lavorare”.L’altro grande artista è Shepard Fairey, in arte Obey. Attualmente uno degli street artist più importanti al mondo. Shepard Fairey si è fin da subito reso conto di come la società in cui è nato e cresciuto gli ha insegnato come muoversi tra le immagini, che ormai dominano le nostre vite, ma senza di fatto spiegargliene il senso. Questa società che lo ha condotto all’obbedienza senza che lui ne avesse del tutto cognizione di causa è stata il motivo della scelta del suo nome di artista: Obey significa “obbedire”. 

GUSTO NEOCLASSICO. L’Album Cicognara

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Il Gabinetto dei disegni e delle stampe della Fondazione Musei Civici di Venezia conserva una straordinaria testimonianza dell’arte e della cultura neoclassica in Italia. Si tratta dell’Album Cicognara, che prende il nome dal suo proprietario, il conte Leopoldo Cicognara (Ferrara, 1767 – Venezia, 1834), una delle personalità più affascinanti della sua epoca. Dopo una giovinezza trascorsa fra studi umanistici e viaggi di formazione lungo tutta la Penisola, aderì da subito alla Repubblica Cisalpina di cui fu membro del corpo legislativo. Divenne nel 1808 presidente dell’Accademia di Belle Arti a Venezia, carica che mantenne anche dopo la caduta di Napoleone, fino al 1826. Uomo colto e brillante, particolarmente attivo nella politica culturale della città e non solo, durante l’incarico presso l’istituzione veneziana pubblicò le sue opere principali, fra le quali la monumentale Storia della scultura e Le fabbriche più cospicue di Venezia. A lui si devono iniziative di primo piano, come la sistemazione delle Gallerie dell’Accademia che proprio allora prendevano forma con l’arrivo dei dipinti provenienti dagli edifici di culto soppressi per decreto napoleonico. Della stretta amicizia con gli artisti del suo tempo è testimonianza proprio questo album, una sorta di liber amicorum composto da 81 fogli. Vi troviamo tutti i nomi del Neoclassicismo italiano: Vincenzo Camuccini, Andrea Appiani, Giuseppe Bossi, il giovane Francesco Hayez; ma anche artisti francesi come François-Marius Granet, Lancelot- Théodore Turpin de Crissé e Louis Léopold Robert. Ben sei disegni appartengono all’amico di una vita: Antonio Canova, di cui Cicognara fu ammiratore appassionato. I disegni in origine erano fascicolati in un album conservato in una sontuosa custodia decorata con fregi in bronzo che incorniciano cammei all’antica e, al centro, una deliziosa miniatura con una Veduta di Venezia. I fogli documentano tutte le tecniche grafiche e ogni possibile soggetto. Vi sono disegni a matita, a penna, gessi colorati e acquerelli che raffigurano vedute, ritratti, paesaggi, scene di genere, animali, composizioni sacre e profane. Troviamo accostati studi preparatori per opere maggiori, oppure disegni “finiti” eseguiti espressamente per Cicognara. Nell’insieme, un’opera unica, considerato sia il ruolo politico e culturale del collezionista, sia il numero degli artisti presenti, espressione di tutte le scuole artistiche del periodo. Questo prezioso volume, segnalato agli studi da Álvar González-Palacios nel 1970, fu presentato al grande pubblico nel 1978 in occasione della mostra Venezia nell’età di Canova. In quella circostanza, anche per ragioni conservative, le pagine dell’album furono sciolte e collocate entro passepartout. Alcuni fogli, i più celebri, erano comparsi nel frattempo in mostre dedicate al Neoclassicismo in Italia e all’estero. Oggi, a distanza di quasi cinquant’anni da quell’evento, si ripropone per la prima volta nella sua interezza quell’album che è stato oggetto di un accurato restauro promosso da Venice International Foundation.

Harry Potter The Exhibition

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Preparati per un'esperienza magica con Harry Potter : The Exhibition – la mostra itinerante più completa mai presentata su Harry Potter e tutto il suo incredibile universo – arriva a Milano presso “The Mall in Portanuova” a partire dal 19 settembre.I visitatori potranno scegliere un Patronus, lanciare un incantesimo, mettere alla prova le loro abilità di Quidditch e preparare pozioni, poiché Harry Potter: The Exhibition arriva per la prima volta a Milano, presso “The Mall in Portanuova”.La mostra celebra dietro le quinte i momenti iconici, i personaggi, le ambientazioni e le creature così come appaiono nei film di Harry Potter e Animali Fantastici , oltre alle meraviglie dell'universo esteso di Harry Potter, includendo costumi, oggetti di scena e immagini dalla produzione teatrale vincitrice del Tony® Award "Harry Potter e la Maledizione dell'Erede". I visitatori potranno immergersi in ambientazioni splendidamente realizzate che rendono omaggio a molti dei momenti indimenticabili dei film e che fan e pubblico hanno amato per oltre due decenni, osservando da vicino tutto, dai costumi originali agli oggetti di scena autentici, mentre intraprendono un viaggio personalizzato attraverso sale innovative, sorprendenti e magiche, che utilizzano il meglio del design e della tecnologia immersiva.Dopo la premiere mondiale a Filadelfia, USA, nel febbraio 2022, Harry Potter: The Exhibition si è svolta in diverse città del mondo, accogliendo oltre 3.5 milioni di visitatori e fan di Harry Potter. Attualmente è in mostra a Cracovia, Salt Lake City e Melbourne. Mentre i visitatori esplorano le sale, le loro interazioni vengono catturate utilizzando i braccialetti di Harry Potter: The Exhibition che offriranno esperienze uniche e personalizzate e collegate al profilo di ognuno. La mostra è creata e prodotta da Warner Bros. Discovery Global Experiences in collaborazione con Imagine Exhibitions, Inc. ed Eventim Live.La Sala "Dal Libro allo Schermo" presenta una prima edizione di "Harry Potter e la Pietra Filosofale" custodita in una cassaforte ispirata a Gringott e circondata da video immersivi e citazioni letterarie, riportando i visitatori alla storia mentre vengono introdotti alla mostra. La Sala del Castello di Hogwarts presenta un'esperienza multimediale immersiva con elementi iconici come il Platano Picchiatore, i Dissennatori e la Mappa del Malandrino, dove i visitatori vedranno apparire il loro nome, spingendoli a continuare l'esplorazione della mostra. La Sala del Grande Salone è uno spazio che consente ai visitatori di celebrare momenti stagionali magici nella sua architettura iconica. La Sala delle Case di Hogwarts rappresenta la parte fondamentale dell'esperienza della mostra, in quanto permette ai visitatori di vivere momenti personalizzati con la casa di Hogwarts scelta durante la preregistrazione. Sebbene i visitatori possano gravitare verso una casa in particolare, questo ambiente consente ai visitatori di sperimentare tutte le case di Hogwarts in una sala celebrativa con il Cappello Parlante, perfetto per le foto, circondato da stemmi delle case realizzati su vetrate create meticolosamente. Le Aule di Hogwarts sono colme di oggetti di scena iconici, creature e costumi. I visitatori interagiranno con lezioni e giochi magici attraverso touchscreen digitali perrivelare i segreti del dietro le quinte di iconici momenti avvenuti in classe. Potranno preparare pozioni nell'Aula di Pozioni, predire il futuro in Divinazione, rinvasare una mandragola nella Serra di Erbologia e usare la loro bacchetta digitale per sconfiggere un Molliccio in Difesa Contro le Arti Oscure. La Capanna di Hagrid e la Foresta Proibita offrono un'esperienza interattiva dell'Incanto Patronus. I visitatori scopriranno poi creature iconiche, come centauri e Acromantule, nascoste nella foresta ed esploreranno una ricostruzione della Capanna di Hagrid.

BRASSAÏ. L’occhio di Parigi

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Dal 19 luglio al 9 novembre 2025 torna al Centro Saint-Bénin di Aosta la grande fotografia internazionale con la mostra Brassaï. L’occhio di Parigi. La retrospettiva, promossa dall’Assessorato Beni e attività culturali, Sistema educativo e Politiche per le relazioni intergenerazionali della Regione autonoma Valle d’Aosta e prodotta da Silvana Editoriale, è curata da Philippe Ribeyrolles, studioso e nipote del fotografo che detiene un’inestimabile collezione di stampe di Brassaï e un’estesa documentazione relativa al suo lavoro di artista.La mostra presenterà più di 150 stampe d’epoca, oltre a sculture, documenti e oggetti appartenuti al fotografo, per un approfondito e inedito sguardo sull’opera di Brassaï, con particolare attenzione alle celebri immagini dedicate alla capitale francese e alla sua vita.Le sue fotografie dedicate alla Ville Lumière – dai quartieri operai ai grandi monumenti simbolo, dalla moda ai ritratti degli amici artisti, fino ai graffiti e alla vita notturna – sono oggi immagini iconiche che nell’immaginario collettivo identificano immediatamente il volto di Parigi.Ungherese di nascita – il suo vero nome è Gyula Halász, sostituito dallo pseudonimo Brassaï in onore di Brassó, la sua città natale – ma parigino d’adozione, Brassaï è stato uno dei protagonisti della fotografia del XX secolo, definito dall’amico Henry Miller “l’occhio vivo” della fotografia.In stretta relazione con artisti quali Picasso, Dalí e Matisse, e vicino al movimento surrealista, a partire dal 1924 fu partecipe del grande fermento culturale che investì Parigi in quegli anni. Brassaï è stato tra i primi fotografi in grado di catturare l’atmosfera notturna della Parigi dell’epoca e il suo popolo: lavoratori, prostitute, clochard, artisti, girovaghi solitari. Nelle sue passeggiate il fotografo non si limitava alla rappresentazione del paesaggio o alle vedute architettoniche, ma si avventurava anche in spazi interni più intimi e confinati, dove la società si incontrava e si divertiva.È del 1933 il suo volume Paris de Nuit, un’opera fondamentale nella storia della fotografia francese.Le sue immagini furono anche pubblicate sulla rivista surrealista “Minotaure”, di cui Brassaï divenne collaboratore e attraverso la quale conobbe scrittori e poeti surrealisti come Breton, Éluard, Desnos, Benjamin Péret e Man Ray.“Esporre oggi Brassaï – afferma Philippe Ribeyrolles, curatore della mostra – significa rivisitare quest’opera meravigliosa in ogni senso, fare il punto sulla diversità dei soggetti affrontati, mescolando approcci artistici e documentaristici; significa immergersi nell’atmosfera di Montparnasse, dove tra le due guerre si incontravano numerosi artisti e scrittori, molti dei quali provenienti dall’Europa dell’Est, come il suo connazionale André Kertész. Quest’ultimo esercitò una notevole influenza sui fotografi che lo circondavano, tra cui lo stesso Brassaï e Robert Doisneau.”Brassaï appartiene a quella “scuola” francese di fotografia definita umanista per la presenza essenziale di donne, uomini e bambini all’interno dei suoi scatti sebbene riassumere il suo lavoro solo sotto questo aspetto sarebbe riduttivo.Oltre alla fotografia di soggetto, la sua esplorazione dei muri di Parigi e dei loro innumerevoli graffiti testimonia il legame di Brassaï con le arti marginali e l’art brut di Jean Dubuffet.Nel corso della sua carriera il suo originale lavoro viene notato da Edward Steichen, che lo invita a esporre al Museum of Modern Art (MoMA) di New York nel 1956: la mostra “Language of the Wall. Parisian Graffiti Photographed by Brassaï” riscuote un enorme successo.I legami di Brassaï con l’America si concretizzano anche in una assidua collaborazione con la rivista “Harper’s Bazaar”, di cui Aleksej Brodovič fu il rivoluzionario direttore artistico dal 1934 al 1958. Per “Harper’s Bazaar” il fotografo ritrae molti protagonisti della vita artistica e letteraria francese, con i quali era solito socializzare. I soggetti ritratti in quest’occasione saranno pubblicati nel volume Les artistes de ma vie, del 1982, due anni prima della sua morte.Brassaï scompare il 7 luglio 1984, subito dopo aver terminato la redazione di un libro su Proust al quale aveva dedicato diversi anni della sua vita. È sepolto nel cimitero di Montparnasse, nel cuore della Parigi che ha celebrato per mezzo secolo.La mostra sarà accompagnata da un catalogo bilingue italiano-francese edito da Silvana Editoriale e curato dallo stesso Philippe Ribeyrolles, con testi di Daria Jorioz, Philippe Ribeyrolles, Silvia Paoli e Annick Lionel-Marie, posto in vendita a € 36,00.

Man Ray. Forme di luce

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Man Ray è senza dubbio uno dei grandi protagonisti dell’arte del XX secolo. Fu uno dei primi a utilizzare la fotografia come un vero e proprio medium creativo, realizzando opere emblematiche che sono entrate a far parte della storia dell’arte del Novecento.La retrospettiva in programma da settembre 2025 a Palazzo Reale permetterà al pubblico di ripercorrere le tappe biografiche e della carriera di Man Ray. Grazie a un importante nucleo di materiali originali (stampe vintage, negativi, collage, documenti) è possibile documentare la storia di Man Ray dalla nascita (1890, Philadelphia), agli ambienti newyorkesi dove scopre le avanguardie europee e stringe amicizia con Marcel Duchamp, fino all’approdo parigino del 1921.A Parigi viene accolto dai poeti André Breton, Louis Aragon, Paul Éluard e incontra poi la cantante e modella Kiki de Montparnasse, sua amata e musa, creando fotografie immortali come Noire et blanche o Le Violon d’Ingres. In seguito, si dedicherà al mondo della moda e alla realizzazione delle famose “rayografie” e “solarizzazioni”. Rientrato negli Stati Uniti nel 1940, torna a Parigi nel 1951, dove rimane fino alla morte nel 1976.Attraverso un percorso tematico (gli autoritratti, le muse, i nudi, le rayografie e solarizzazioni, la moda), questa mostra propone la riscoperta di un artista unico nel suo genere e un geniale pioniere.

Festival della Fotografia Etica di Lodi. XVi Edizione

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Il Festival della Fotografia Etica di Lodi è felice di annunciare i vincitori del World Report Award|Documenting Humanity 2025 e della Open Call per il no-profit.Tra i 1002 fotografi da 80 paesi diversi e 5 continenti, che hanno inviato oltre un migliaio di progetti, sono 7 i fotografi che si sono aggiudicati la vittoria, o la menzione speciale, nelle 5 categorie che costituiscono il Premio e che saranno esposti nel corso della sedicesima edizione del Festival della Fotografia Etica di Lodi, dal 27 settembre al 26 ottobre.I vincitori del World Report Award e della Open Call per le ONG sono stati selezionati dalla giuria internazionale composta Alexa Keefe, photo editor a capo del dipartimento che si occupa di fauna selvatica presso il National Geographic Magazine, Elizabeth Krist, photo editor per la rivista National Geographic per oltre 20 anni ed è attualmente membro del consiglio di Women Photograph e del W. Eugene Smith Fund, MaryAnne Golon, già direttrice della fotografia al Washington Post, Alberto Prina, Aldo Mendichi e Laura Covelli coordinatori del Festival.Il World Report Award, ricordiamo, si pone l’obiettivo di condividere una nuova forma di impegno sociale attraverso la fotografia e si rivolge a tutti i fotografi italiani e stranieri, professionisti e non. Il soggetto è l’uomo con le sue vicende pubbliche e private, le sue piccole e grandi storie; i fenomeni sociali, i costumi, le civiltà, le grandi tragedie e le piccole gioie quotidiane.Ecco i premiati e le menzioni speciali:Federico Rios per il reportage Paths of Desperate Hope, 1° classificato nella sezione Master Award. Il premio sarà di 7.000 euro.Tra il 2021 e il 2024 oltre un milione di persone hanno attraversato il Darién nell’intento di raggiungere gli Stati Uniti. Nel 2024 la maggior parte dei migranti erano venezuelani, ma a loro si sono aggiunti afghani, cinesi, haitiani ed ecuadoregni così come persone provenienti da altri paesi. Oggigiorno sono oltre cento le nazionalità rappresentate da coloro che attraversano questa fitta giungla al confine tra Panama e Colombia, camminando lungo il pericoloso tratto di circa 25.000 chilometri quadrati, indossando ciabatte, con i loro averi in borse di plastica, e portando i loro bambini in braccio. Non è chiaro quanti di loro riescano ad arrivare a destinazione.Cinzia Canneri per il reportage Women’s Bodies as Battlefields, menzione speciale nella sezione Master Award.Questo progetto affronta la condizione delle donne eritree e tigrine, scappate attraverso Eritrea, Etiopia e Sudan. Inizialmente focalizzato sulle donne eritree che fuggivano da uno dei peggiori regimi dittatoriali del mondo, il progetto si è poi esteso includendo anche le donne coinvolte nella guerra nella regione del Tigray. Durante il conflitto, le Forze di Difesa Eritrea utilizzavano la violenza sessuale come arma di guerra prendendo di mira le donne eritree per punirle e quelle tigrine per sterminarle. A prescindere dalla nazionalità a cui appartenevano, i loro corpi diventavano campi di battaglia.Diego Fedele per il reportage The Price of Choice, 1° classificato nella sezione Spotlight Award. Il premio sarà di 3.000 euro.La guerra nell’Est dell’Ucraina continua ad intensificarsi per il terzo anno consecutivo da quando il Presidente russo Vladimir Putin ha ordinato l’invasione nel febbraio 2022 dopo un lungo periodo di tensioni diplomatiche. Le ostilità nelle regioni a Est sono iniziate nel 2014 e da allora molti civili sono stati costretti a spostarsi nei territori a Ovest o in altri paesi europei. Gli incessanti bombardamenti hanno lasciato una scia di distruzione, paralizzando le infrastrutture, l’economia e lo stile di vita dell’Ucraina.Loay Ayyoub per il reportage The Tragedy of Gaza, 1° classificato nella sezione Short Story Award. Il premio sarà di 2.000 euro.Per sei mesi, a partire dalle prime ore che sono seguite all’attacco inaspettato su Israele il 7 Ottobre 2023 e fino a marzo 2024 – Loay Ayyoub ha fotografato per il Washington Post la guerra a Gaza, uno dei conflitti più devastanti di questo secolo che ha strappato decine di migliaia di vite, ha portato al più largo esodo nella regione dalla creazione dello stato di Israele nel 1948, e ha ridotto almeno la metà della popolazione in condizioni di carestia.Md Zobayer Hossain Joati con We Live to Fight, 1° classificato nella sezione Student Award. Il premio sarà di 1.500 euro.Questo progetto indaga quello che sta alla base delle culture, gli stili di vita, le emozioni, la storia, la politica, le vicende nascoste e gli scenari di tensioni clandestine di alcune comunità di arti marziali in Bangladesh. Le arti marziali fungono sia da forma di autodifesa — soprattutto per bambini e ragazze — sia da intrattenimento. Sebbene siano praticate da diversi gruppi, comprese le comunità indigene, le arti marziali soffrono spesso di scarsi finanziamenti e di una copertura mediatica limitata, nonostante i risultati ottenuti dagli atleti bengalesi a livello internazionale.Julius Nieweler per il reportage Whispers Say: “War is Coming”, menzione speciale nella sezione Student Award.Questo progetto offre uno spaccato dell’approccio della società alla vigilia delle elezioni in Moldavia, con un particolare focus sull’influenza della Russia.Afshin Ismaeli con l’immagine The Price of War, 1° classificato nella sezione Single Shot Award. Il premio sarà di 1.500 euro.Lo scatto singolo racconta le conseguenze della guerra attraverso la storia di un padre, veterano mutilato, che si intreccia con la presenza silenziosa e fragile del figlio: due generazioni unite da una ferita collettiva che va oltre la dimensione individuale del legame familiare.Tante anche le candidature inviate dalle ONG di tutto il mondo alla Open Call. Sin dalla sua prima edizione, il Festival della Fotografia Etica ha dedicato particolare attenzione all’utilizzo della fotografia da parte di organizzazioni che si occupano di tematiche sensibili dal punto di vista sociale. Quest’anno sono state selezionate 4 organizzazioni che verranno esposte nell’area tematica relativa: Associazione Sportiva Dilettantistica (ASD) Roma Blind Football, Nyodeema Foundation, Minority Rights Group International ed EMERGENCY.L’Associazione Sportiva Dilettantistica Roma Blind Football nasce nel 2024 come naturale evoluzione della precedente ASDRoma2000 ed ha come oggetto principale l’esercizio in via stabile dell’organizzazione e gestione dell’attività sportiva dilettantistica Calcio a 5 per non vedenti e per ipovedenti, ivi compresa la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza per lo sviluppo dell’attività sportiva paralimpica.Nyodeema Foundation è un’organizzazione senza scopo di lucro che promuove la consapevolezza internazionale, la tolleranza in tutti gli ambiti culturali, la comprensione tra i popoli, i diritti umani, la tutela dell’ambiente e la parità di diritti tra donne e uomini, con l’obiettivo di favorire la loro indipendenza economica e finanziaria a lungo termine.Minority Rights Group è una delle principali organizzazioni per i diritti umani che lavora a fianco di minoranze etniche, religiose e linguistiche, e dei popoli indigeni in tutto il mondo. L’organizzazione sostiene minoranze e popoli indigeni nella difesa dei loro diritti: dalla terra su cui vivono, alle lingue che parlano, dalle credenze che praticano, alle culture di cui fanno parte, dalle pari opportunità nell’istruzione e nel lavoro, alla piena partecipazione alla vita pubblica.EMERGENCY è un’Associazione internazionale nata in Italia nel 1994 con due obiettivi: garantire cure di qualità e gratuite alle vittime delle guerre, delle mine antiuomo e della povertà e, allo stesso tempo, promuovere una cultura di pace, solidarietà e rispetto dei diritti umani. Dal 1994 EMERGENCY ha lavorato in 21 Paesi di tutto il mondo offrendo cure gratuite e di alta qualità a chi ne ha più bisogno, secondo i principi di eguaglianza, qualità e responsabilità sociale. Dalla sua fondazione a oggi, in tutte le strutture sanitarie di EMERGENCY sono state curate gratuitamente oltre 13 milioni di persone.A partire dal prossimo 27 settembre oltre 20 mostre da visitare in un mese speciale dedicato alla fotografia, tra cui quella del World Press Photo, unica tappa lombarda della mostra internazionale itinerante. Il grande concorso internazionale di fotogiornalismo e fotografia documentaria più famoso al mondo che si svolge da oltre 50 anni e indetto dalla World Press Photo Foundation di Amsterdam, torna a Lodi per il quarto anno. Quasi 150 immagini che arrivano dai 5 continenti per raccontare storie incredibili.

Rodney Smith. Fotografia tra reale e surreale

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“Mi avventuro nel mondo per respirare la sua dubbia reputazione e il suo umorismo, per vedere più chiaramente, per cercare finalità e conoscenza, per aprirmi, per cogliere in modo esuberante e inesorabile la luce.” Rodney Smith Per la prima volta in Italia, arriva a Palazzo Roverella una grande mostra monografica che celebra l’opera dell’acclamato fotografo newyorkese Rodney Smith (1947-2016).L’ampia retrospettiva, che espone oltre cento opere evocative di Smith, è promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, in collaborazione con diChroma photography, il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi, con il sostegno di Intesa Sanpaolo, e prodotta da Silvana Editoriale. Sarà possibile visitare l’esposizione curata da Anne Morin dal 3 ottobre al primo febbraio 2026. La mostra introduce il pubblico italiano a un grande protagonista della fotografia, noto per la sua inconfondibile estetica: un raffinato connubio di eleganza classica, composizione rigorosa e ironia elegante e surreale, che ha richiamato paragoni con le opere del pittore René Magritte. A lungo acclamato per le iconiche immagini in bianco e nero che combinano ritratto e paesaggio, Rodney Smith ha dato vita a mondi incantati e visionari pieni di sottili contraddizioni e sorprese. Realizzate con il solo ausilio di pellicola e luce naturale, le sue immagini oniriche, mai ritoccate, si distinguono per una meticolosa cura artigianale e una straordinaria precisione formale. Allievo di Walker Evans, influenzato da Ansel Adams e ispirato dall’opera di Margaret Bourke-White, Henri Cartier-Bresson e William Eugene Smith, le sue fotografie sono apparse su pubblicazioni di spicco quali “TIME”, “Wall Street Journal”, “The New York Times”, “Vanity Fair” e molte altre. Non da ultimo, Smith ha ottenuto grandi riconoscimenti per la sua fotografia di moda in collaborazione con rinomati marchi tra cui Ralph Lauren, Neiman Marcus e Bergdorf Goodman.L’estetica di Smith mostra inoltre evidenti parallelismi con la tradizione cinematografica, e si avvale di netti rimandi all’opera di registi del calibro di Alfred Hitchcock, Terrence Malick e Wes Anderson, e a leggende del cinema muto quali Buster Keaton, Charlie Chaplin e Harold Lloyd. Rodney Smith, uomo colto e studioso di teologia e filosofia, mosso da una ricerca continua del significato della vita, ha trovato nella fotografia il linguaggio che gli ha consentito di esprimersi al meglio.Proprio Smith che si descriveva come un “ansioso solitario”, trovava conforto nel catturare immagini considerandole un modo per “riconciliare il quotidiano con l’ideale”, per tradurre le proprie emozioni nella forma e per tramutarsi da osservatore a partecipe.Le sue immagini iconiche catturano il mondo con humour, grazia e ottimismo. Con il suo stile distintivo ha affinato la percezione, portando ordine nel caos.Le fotografie di Rodney Smith stupiscono, affascinano e intrigano, conducendo l’osservatore in regni poetici di riflessi e riflessioni. Sereni luoghi immaginari evocano un senso di benessere e inducono chi li osserva a sorridere e ad abbandonarsi alla tenerezza e, grazie a questa apertura e distensione, a provare stupore e ammirazione. Così la curatrice Anne Morin descrive il lavoro di Rodney Smith:“Ogni immagine creata da Smith, con la cura e la precisione di un orafo, è un tentativo sempre nuovo di ricreare questa armonia divina e di raggiungere unostato superiore, anche solo per un istante. Ogni immagine è eterea ed estatica.(…) In qualsiasi punto dell’immagine si posi lo sguardo, l’occhio è immediatamente sedotto dalla grazia, dalla raffinatezza, dallo squisito accostamento di forme e contro forme, dalla diversità delle materie e dalla ricchezza narrativa che eccelle per sobrietà, parsimonia e silenzio.” Il percorso espositivo è suddiviso in sei sezioni tematiche: La divina proporzione, Gravità, Spazi eterei, Attraverso lo specchio, Il tempo e la permanenza, Passaggi.La maggior parte delle opere esposte sono in bianco e nero, a testimonianza del fatto che Smith ha iniziato a lavorare con il colore solo a partire dal 2002.Come spiega lo stesso fotografo: “Dopo quarantacinque anni e migliaia di rullini, provo ancora questo amore incondizionato per la pellicola in bianco e nero. Tuttavia, contrariamente a quanto pensavano molti miei conoscenti, ho cambiato idea e circa otto anni fa ho iniziato a scattare anche a colori. Assolve a una funzione diversa per me, e ne parlerò più avanti, tuttavia non c’è niente per me come l’oscurità e la sfolgorante intensità del bianco e nero. È un’astrazione che avviene per aggiunta. Sì, c’è molto più colore nel bianco e nero di quanto non ve ne sia nel colore”.Di fatto, una volta che Smith ha abbracciato il colore e la fotografia di grande formato, i risultati sono stati sorprendenti. Le opere di Rodney Smith sono ora esposte in musei, gallerie e importanti collezioni private in tutto il mondo.L’imminente retrospettiva monografica che aprirà i battenti a Palazzo Roverella il 3 ottobre 2025, offrirà l’opportunità anche al pubblico italiano di lasciarsi trasportare nel mondo incantato di Rodney Smith e di approfondire la conoscenza di questo fotografo, maestro indiscusso di un’eleganza senza tempo. Accompagna la mostra un catalogo edito da Silvana Editoriale, curato da Anne Morin e corredato dai testi delle curatrici internazionali Anne Morin e Susan Bright e di Leslie Smolan, Executive Director presso Estate of Rodney Smith. ANNE MORINDiplomatasi presso la National School of Photography di Arles e la École Supérieure des Beaux-Arts di Montpellier, è la direttrice di diChroma photography, società specializzata in esposizioni internazionali itineranti dedicate alla fotografia, nonché nello sviluppo e nella realizzazione di progetti culturali in collaborazione con musei e istituzioni prestigiosi, tra cui Fundación Canal (Madrid), Martin-Gropius-Bau (Berlino), Pushkin National Museum of Fine Arts (Mosca), Musée du Luxembourg, Jeu de Paume (Parigi), Palazzo Ducale (Genova). Mossa da grande passione ed entusiasmo, Anne Morin lavora alla riscoperta di artisti e fotografi. Ha curato numerose mostre di fotografi e artisti prestigiosi, tra cui Berenice Abbott, Antonio Lopez, Vivian Maier, Robert Doisneau, Jessica Lange, Jacques Henri Lartigue, Sandro Miller, Pentti Sammallahti e Margaret Watkins. Nel 2022 ha ricevuto il premio Photo Curator of the Year dei Lucie Awards (Carnegie Hall, New York) per il suo lavoro sulla mostra dedicata a Vivian Maier, Unseen, allestita al Musée du Luxembourg. 

IL RINASCIMENTO DI BOCCACCIO BOCCACCINO

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Nei 500 anni dalla morte dell’artista il Museo Diocesano di Cremona annuncia, dal 10 ottobre 2025 al 11 gennaio 2026, la prima mostra monografica su Boccaccio Boccaccino (Ferrara?, 1462/ante 22 agosto 1466 – Cremona, 1525). L’evento è organizzato dal Museo Diocesano di Cremona con la collaborazione della Soprintendenza ABAP per le province di Cremona Lodi e Mantova e il patrocinio del Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali di Cremona dell’Università degli Studi di Pavia.La mostra si pone come occasione irripetibile di studio e di ricerca e, al tempo stesso, un momento di valorizzazione di un maestro poco noto al grande pubblico, ma pur sempre di indubbia importanza nell’ambito della cultura figurativa del Rinascimento in Italia settentrionale, tanto da essere definito da Giorgio Vasari, nelle sue celebri Vite, “raro” ed “eccellente pittore”. Grazie alla sua attività, attestata nei più importanti centri del nord Italia, Boccaccino si propose infatti sulla scena come un intelligente interprete della lezione impartita da Leonardo a Milano e da Giorgione a Venezia.L’idea di mostra scaturisce dalla recente acquisizione, da parte del Museo Diocesano di Cremona, di una tavola del Maestro, frammento di una pala d’altare un tempo nella chiesa di San Pietro al Po a Cremona, che rappresenta l’ultima sua opera, eseguita poco prima della morte. Con questa acquisizione il Diocesano di Cremona può vantare oggi il più cospicuo nucleo museale di opere di Boccaccino, che comprende il frammento di pala (restaurato) già citato, la stupenda Annunciazione Ludovisi (deposito permanente da parte della Fondazione Arvedi Buschini), la Crocifissione e la Sacra famiglia con Maria Maddalena.Attraverso prestiti di grande rilevanza, concessi da importanti istituzioni museali tra cui le Gallerie degli Uffizi, la Galleria Estense, il Museo di Capodimonte, il Museo Civico di Padova, il Museo Correr, la mostra ripercorre la vicenda artistica di Boccaccino dalle origini sino agli ultimi anni, dando conto della sua attività attestata a Ferrara, Genova, Milano, Venezia, Roma e Cremona, nella cui Cattedrale si conserva lo straordinario ciclo affrescato nella navata centrale. Si potrà così comprendere il rilievo del pittore nel più ampio contesto del Rinascimento italiano tra la fine del XV e i primi tre decenni del XVI secolo.Il percorso prende avvio dalla prima attività di Boccaccino tramite due importanti testimonianze, l’Adorazione dei pastori del Museo di Capodimonte e la Madonna col Bambino dei Musei Civici di Padova, che consentono di inquadrare le prerogative stilistiche del pittore, suggestionato, alla fine del XV secolo, dai fatti figurativi di ascendenza emiliano-ferrarese e dalla cultura di matrice leonardesca.A documentare lo spostamento di interessi di Boccaccino, a seguito del suo rocambolesco trasferimento da Ferrara a Venezia, avvenuto nell’anno 1500 dopo un drammatico fatto di cronaca nera, la mostra propone l’Adorazione dei pastori della Galleria Estense di Modena, dove si scorge con maggiore evidenza l’eco del magistero di Giorgione.Tra le prime opere realizzate a Venezia va ricordata l’ancona per la chiesa di San Giuliano, la cosiddetta ‘pala di San Zulian’, oggi inamovibile, evocata dalla Madonna col Bambino in trono e un donatore di collezione privata, già nella raccolta dei principi di Liechtenstein a Vienna e mai esposta.Nel corso della permanenza in laguna Boccaccino ebbe modo di mettere a punto un linguaggio raffinato, che si evince dalla stupefacente coppia di Evangelisti e dall’iconica Zingarella delle Gallerie degli Uffizi. Il soggiorno veneziano rappresentò anche l’occasione per confrontarsi con la tipologia della ‘sacra conversazione a mezze figure’, brevettata da Giovanni Bellini e ampiamente diffusa. Un esempio in tal senso è offerto dalla Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Battista e Caterina d’Alessandria del Museo Correr di Venezia.Nell’estate del 1506 l’artista giunse a Cremona dove fu incaricato di affrescare il catino absidale del Duomo e l’Annunciazione sull’arco santo, subito replicata nella meravigliosa tavola già in collezione Ludovisi, oggi al Museo Diocesano di Cremona. Allo stesso periodo datano la ‘pala di Sant’Agata’ del 1508 (recentemente restaurata) e la Crocifissione su tela, entrambe conservate al Diocesano. L’impresa più eclatante della carriera di Boccaccino, avviata al ritorno da un soggiorno a Roma, è però rappresentata dalle Storie della Vita della Vergine e dell’infanzia di Cristo sulla parete sinistra della navata del Duomo di Cremona (1514-1519). La prossimità di questo ciclo alla sede della mostra invita a entrare in Cattedrale e ammirare questo memorabile ciclo di affreschi.L’esposizione cremonese si completa con due opere risalenti all’estrema maturità dell’artista, il Ritratto di gentiluomo di collezione privata, sinora mai esposto al pubblico e ad oggi unico testimone della produzione ritrattistica del pittore, e il frammento restaurato della cosiddetta ‘pala Fodri’. In queste opere, nonostante l’età avanzata, il maestro dimostra di essere aggiornato sulle novità proposte da altri maestri del Rinascimento padano, per esempio da Girolamo Romanino e Altobello Melone, e di essere inserito nei più importanti circuiti cittadini, godendo della stima dei contemporanei.La direzione scientifica della mostra è affidata al dott. Francesco Ceretti (Università degli Studi di Pavia) e al dott. Filippo Piazza (Soprintendenza ABAP per le province di Brescia e Bergamo), coadiuvati da un comitato scientifico di alto profilo, che annovera il dott. Gabriele Barucca (già Soprintendenza ABAP per le province di Cremona Lodi e Mantova), il prof. Francesco Frangi (Università degli Studi di Pavia), la dott.ssa Maria Cristina Passoni (Pinacoteca di Brera), la dott.ssa Cristina Quattrini (Pinacoteca di Brera) e il prof. Marco Tanzi (Università del Salento).I risultati delle ricerche confluiranno in un catalogo, edito da Officina Libraria, corredato da saggi a firma dei curatori e di altri studiosi, accompagnati dalle schede delle opere esposte.

Franco Carlisi e Francesco Cito. ROMANZO ITALIANO

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Dal 23 luglio al 27 agosto 2025 la Galleria d’Arte Moderna di Catania (GAM) si trasforma in uno spazio di incanto visivo e sonoro per accogliere la mostra-concerto “Romanzo italiano”, un’esperienza artistica che supera il concetto di semplice mostra fotografica e abbraccia la potenza evocativa del suono.Promossa da GT Art Photo Agency in collaborazione con SMI Group, Operae Milò e il Comune di Catania, “Romanzo Italiano” intreccia le visioni di due maestri della fotografia italiana, Franco Carlisi e Francesco Cito, con l’intensità musicale del pianista e compositore Davide Ferro, che nella serata inaugurale di mercoledì 23 luglio si esibirà in un concerto live che darà voce e respiro alle emozioni evocate dalle opere esposte.In mostra oltre 120 fotografie in bianco e nero raccontano, in un continuo scambio visivo e narrativo sospeso tra intimità e coralità, il rito nuziale attraverso linguaggi che si allontanano consapevolmente dalla tradizione. Lontani da stereotipi estetici, Carlisi e Cito restituiscono al matrimonio la sua complessità: un microcosmo di dinamiche emotive, aspettative, identità culturali e tensioni sociali. Le loro opere si alternano come voci diverse di un’unica sinfonia visiva componendo un autentico romanzo per immagini con uno sguardo poetico, talvolta ironico e altre volte disilluso, per una rilettura originale, contemporanea e suggestiva del matrimonio.A rendere la mostra “Romanzo italiano” ancora più coinvolgente è la colonna sonora “Evocazioni”, nata contestualmente al progetto espositivo nel 2023 e composta appositamente dal pianista e compositore Davide Ferro, che ha saputo tradurre in musica la forza emotiva delle fotografie. Trenta brani originali per pianoforte solo danno voce alle immagini e amplificano le suggestioni visive. Un dialogo armonico e coinvolgente tra fotografia e musica, un incontro stimolante tra la visione artistica di due maestri della fotografia e la sensibilità di un compositore capace di trasformare l’emozione visiva in esperienza sonora.I brani musicali composti di sottofondo che accompagnano la mostra possono essere sempre ascoltati dal pubblico anche dal proprio smartphone, grazie ai QR code facilmente accessibili lungo il percorso.Dopo essere stati esposti per la prima volta insieme a Palazzo Brancaccio a Roma e al Centro per le Nuove Culture (Mo.Ca) di Brescia, i progetti fotografici di Franco Carlisi e Francesco Cito arrivano alla Galleria d’Arte Moderna di Catania (GAM), per offrire al pubblico un’esperienza visiva immersiva e di particolare impatto emotivo.Nonostante le loro distinte cifre stilistiche, i due autori affrontano con sorprendente coerenza e sintonia un tema universale e culturalmente radicato come il matrimonio. Ne nasce un racconto visivo insolito e disarmante, capace di esprimere una profonda sensibilità e, al tempo stesso, una commovente leggerezza. Le fotografie di Franco Carlisi provengono dal progetto “Il Valzer di un giorno”, opera pluripremiata (Premio Bastianelli 2011 e Premio Pisa 2013) che esplora il tema del matrimonio in una Sicilia intima e lontana dai cliché. Le sue immagini, visivamente potenti e quasi barocche per intensità e ricchezza di dettagli, fissano frammenti di vita autentici: un abbraccio improvviso, uno sguardo rubato, una lacrima, la commozione di un genitore. Andrea Camilleri, nell'introduzione al libro Il Valzer di un giorno, sottolinea come Franco Carlisi sia capace di trasformare la fotografia matrimoniale da un'evanescenza romantica a una rappresentazione vivida e carnale: “L’occhio di Franco Carlisi coglie continuamente dei ‘fuori campo’ e ce li restituisce, direi proprio da narratore, con straordinaria vivezza e intensità. Le foto matrimoniali di solito anelano all’evanescenza, alla leggerezza, alla purezza, alla solennità. Invece, attraverso lo sguardo di Carlisi, tutto diventa carnale, vissuto forte, reale, senza mezze tinte.” La selezione fotografica di Francesco Cito proviene dal progetto “Matrimoni Napoletani” (o “Neapolitan Wedding”), vincitore del prestigioso World Press Photo nel 1995 (terzo premio nella categoria “Day in the Life”). Anche in questo caso, l’autore si distacca dalla tradizione della fotografia matrimoniale convenzionale, dando vita a un linguaggio visivo unico e fortemente personale.Con uno sguardo critico e riflessivo, Cito esplora le dinamiche sociali del matrimonio, raccontandole con un approccio che sfida le rappresentazioni più tradizionali, come scritto da Michele Smargiassi nell’introduzione al libro Neapolitan Weddings: “Sposarsi qui non è solo folclore ed esibizione. Non è solo un giorno speciale…è la sospensione dell'ordinario, il trasferimento momentaneo ma radicale di un'intera comunità parentale, amicale, sociale in un'altra dimensione, senza più alcun rapporto con l'esistenza ordinaria di tutti.” Come per le precedenti edizioni, la mostra a Catania è resa possibile grazie alla preziosa collaborazione di SMI Group, che rinnova il suo impegno a favore dell’arte e della cultura: " Per le aziende del gruppo SMI, coltivare una passione significa innanzitutto imparare a rispettare sé stessi, gli altri e l’arte in tutte le sue forme. Iniziative come il progetto espositivo Romanzo italiano - che dopo le tappe di Roma e Brescia approda ora a Catania in una sede altrettanto prestigiosa - offrono un’occasione unica di incontro tra la passione e l’incanto che scaturisce dalle opere di due straordinari artisti."  (Cesare Pizzuto, CEO).L’edizione catanese della mostra vede due nuove partnership che hanno un ruolo importante nell’organizzazione: il Comune di Catania, che ha anche scelto di patrocinare l’iniziativa, e l’ente culturale Operae Milò di Catania, operativo sul territorio da 15 anni con finalità di promozione culturale e artistica e di diffusione del Design, dell’Artigianato e delle Arti Decorative.Inaugurazione con concertoMercoledì 23 Luglio 2025 dalle 17.30 alle 21

Chagall, testimone del suo tempo

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Palazzo dei Diamanti di Ferrara ospita dall’11 ottobre 2025 all’8 febbraio 2026 la grande mostra Chagall, testimone del suo tempo, un percorso espositivo di sorprendente intensità emotiva che invita il pubblico a immergersi nell’universo poetico di uno dei più importanti e amati maestri dell’arte del Novecento.Un viaggio straordinario che rivela come Marc Chagall (Vitebsk, 1887 – Saint-Paul de Vence, 1985), universalmente noto per le figure fluttuanti e le colorate atmosfere incantate, abbia saputo mantenere viva la memoria della sua terra natale, della tradizione e degli affetti, proiettandoli sempre verso nuovi orizzonti espressivi.Attraverso 200 opere, tra dipinti, disegni e incisioni, e due sale immersive che consentono di ammirare alcune creazioni monumentali in una dimensione coinvolgente e spettacolare, la mostra evidenzia la profonda umanità dell’opera di Chagall, artista plurale, visionario e testimone del suo tempo, cantore della bellezza e custode della memoria. Volti scissi, profili che si moltiplicano, ritratti che si specchiano: attraverso il tema del doppio egli rivela la sua straordinaria capacità di cogliere la dualità dell’esistenza umana. E ancora amanti volanti, animali parlanti, bouquet esplosivi, diventano, trascendendo il visibile, metafore universali. Attraverso il suo sguardo poetico, Chagall trasforma l’esperienza personale in riflessione condivisa, svelando come dietro l’apparente semplicità delle sue creazioni si celino temi che toccano ogni essere umano: l’identità, l’esilio, la spiritualità e la gioia di vivere.In un’epoca di frammentazione, egli ci ricorda che l’arte può essere ponte tra mondi diversi, sintesi di tradizioni apparentemente inconciliabili, specchio fedele delle aspirazioni e delle contraddizioni dell’umanità. La sua opera celebra quella verità emotiva che rende tangibili i sentimenti più profondi dell’animo umano, elevando lo spirito verso una bellezza capace di trovare, anche negli orrori del tempo, barlumi di pace e comprensione.La mostra è organizzata da Fondazione Ferrara Arte e Arthemisia 

Nicola Console. Io Rosalia

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Il 13 luglio, a partire dalle ore 18:00, il Museo Riso, con “Io Rosalia”, rinnova la sua partecipazione al Festino della Santa Patrona di Palermo, con un programma che intreccia i linguaggi dell’arte contemporanea: performances, arti visive, digitali, street art e pratiche sociali, per uno sguardo attualizzato su Rosalia che anno dopo anno interpreta le istanze e le speranze di una comunità globale.          Ore 18:00 - Io Rosalia, inaugurazione dell’opera site specific realizzata da Nicola Console per interagire con il pubblico dalla vetrina del museo che si apre su Piazza Bologni. «Io Rosalia significa ‘in prima persona’ – spiega Evelina De Castro, direttrice del Riso –. Rosalia è ciascuna/o e tutti noi. Abbiamo immaginato l’opera guida del programma rosaliano 2025 del Museo come un’icona concreta e viva, non statica e distante. La Santa Rosalia di Nicola Console, artista presente nell’Archivio SACS di Riso, palpita nella vetrina che si mostra sulla strada del Festino: 'Io Rosalia' è opera contemporanea, metafora concettuale e spirituale del nostro tempo. È rappresentata nella sua iconografia storica, che si riconosce nel presente, segnato dalle pestilenze, ma volgendosi verso 'A Brighter Tomorrow', il domani più luminoso, scultura neon che Claire Fontaine ha dedicato nel 2024 a Rosalia come simbolo di vita che resiste e si protende nel futuro. Anche quest’anno – e così nei prossimi – Rosalia dà senso all’arte del nostro tempo: multiforme, partecipata, pubblica, necessaria per interpretare il presente e proiettarci nel domani.» Rosalia diviene epifania del nostro tempo. Come scrive Nicola Console: «L’opera si sottrae alla dimensione temporale, utilizzando una macchina scenica barocca, scomposta per piani di profondità e risolta pittoricamente. Il simulacro si anima offrendosi come luogo immaginativo della trascendenza. L’iconografia tradizionale viene ribaltata nella sua funzione: l’immagine non consola, ma interroga. E tuttavia, richiama la speranza e l’autenticità del rito, senza mai limitarsi a riprodurlo».          Ore 18:30 – 19:30 - “Kounellis Rosalia Palermo. Talk aperto alla città ”, un racconto a più voci sull’eredità viva di Jannis Kounellis, protagonista internazionale dell’arte povera, presente nella collezione di Riso con una delle sue opere più note e autore nel 2007 del carro per il 383° Festino di Santa Rosalia, restaurato nel 2024 a cura degli “Amici di Musei Siciliani” e consegnato alle cure del quartiere Sperone di Palermo. Sul tema arte pubblica e suo potere generativo e di aggregazione sociale, rapporto museo-territorio-comunità intervengono alcuni dei testimoni di ieri e di oggi: Alfio Scuderi, Raffaele Ajovalasit, Bernardo Tortorici di Raffadali. Modera Rossella Puccio. Il talk aperto a esperti, artisti, studenti, appassionati e cittadini, si svolgerà in Sala Kounellis, luogo condiviso per ricordi, esperienze e suggestioni, che nell’occasione espone il noto modellino dell’opera, testimone del legame profondo che Kounellis ebbe con Palermo, città che definì “la mia città del Sud, inaspettata”. «Nel carro di Kounellis – racconta Rosaria Raffaele Addamo – che riprende le linee della ‘muciara’, tipica imbarcazione dei 'tonnaroti' di Favignana, antico e moderno, tradizione e contemporaneità si fondono secondo una linea di ricerca che ha attraversato tutta la produzione del celebre artista greco. Una macchina scenica semplice ma imponente che, impreziosita da cristalli nella vela, ha attraversato e animato con i suoi riverberi di luce la città in festa».          Ore 19:30 – 21:30 – Performance live di Rosk. L’artista Giulio Rosk, autore del murale Le Rosalie Ribelli che dal 2024 fa da fondale al restaurato Carro di Kounellis allo Sperone, darà nuova vita all’immagine del murale, riproponendola live su un abito da sposa, indossato da una “Rosalia Ribelle”, in una performance accompagnata dalla soprano Valentina Di Franco e dalla pianista Annarita Di Chiara. L’azione artistica si pone in continuità e ulteriore rilancio della collaborazione tra il Museo e i promotori del Festino dello Sperone 2024, Associazione di volontariato L’Arte di Crescere, Associazione Amici dei Musei Siciliani, I.C.S.          “Sperone-Pertini“. L’abito, che fa parte di una donazione di 80 abiti da sposa, da parte di un atelier palermitano che ha scelto l’anonimato, parteciperà ad ottobre all’azione di comunità “Abiti Ribelli” per finanziare la creazione di un’area fitness libera e pubblica nel quartiere Sperone. Esposto al Riso anche durante la serata di lunedì 14 luglio, l’abito costituisce un’occasione per rileggere la figura di Rosalia non solo come simbolo devozionale cittadino, ma come icona vivente, capace di rinnovare la devozione attraverso i linguaggi dell’arte, in una tensione costante tra passato e futuro, memoria e visione.Il programma rosaliano del Riso riprenderà a settembre con un focus sul Carro Trionfale, cantiere del contemporaneo, unitamente a due progetti ideati nell'ambito di stages svolti al Museo: “Risonanze”, a cura di Rossella Puccio e “Il latte dell'arte”, a cura di Joy Di Paola.

Donne possedute ma libere

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Il Museo d’Arte Cinese ed Etnografico di Parma ha in programma una nuova mostra dal titolo “Donne possedute ma libere” dalle 9.00 di martedì 15 luglio a domenica 28 settembre 2025. L’esposizione temporanea propone un viaggio tra una delle più antiche pratiche rituali, che accomuna molteplici popolazioni del Camerun settentrionale e del Ciad. Quando la sofferenza diventa rinascita Tra i Moussey del Ciad, la possessione femminile non è solo un fenomeno spirituale, ma una vera e propria rivoluzione sociale. Le donne anziane, liberate dagli obblighi domestici, intraprendono un percorso di trasformazione che le porta a diventare "su fulina" – spiriti incarnati – assumendo un ruolo centrale nella comunità che trascende i confini familiari e del villaggio.Ogni donna, nella vita precedente, ha vissuto un'esperienza di profonda sofferenza fisica o mentale, interpretata dalla società come segno tangibile dell'interesse di uno spirito protettore. È attraverso sogni rivelatori o manifestazioni naturali – animali, fiori, fenomeni atmosferici – che lo spirito svela alla prescelta la sua nuova identità da accogliere e celebrare. Un viaggio attraverso oggetti e simboli La mostra presenta una preziosa collezione di monili, utensili rituali e fotografie d'epoca che testimoniano questa antica tradizione. Collane di perle, braccialetti e cavigliere, asce rituali, campanelli, pipe e cinture, raccontano l'universo simbolico delle donne possedute, insieme ai colori sacri – rosso e bianco, spalmati sul corpo – che dipendono dal genio che le abita. Un percorso che riporta principalmente alla metà del XX secolo, offrendo uno sguardo autentico su una pratica che pone la donna al centro di una ritualità essenziale e vigorosa, testimonianza di un legame arcaico con il soprannaturale proprio della cultura africana.L’esposizione è stata sviluppata da padre Antonino Melis, saveriano, linguista e antropologo, che svolge la sua attività tra Ciad e Camerun, una terra di confine: “La mostra - precisa - non è solo occasione di scoperta di manufatti, espressione di un’artigianalità antica, ma chiara manifestazione di come la donna possa porsi al centro di vitali dinamiche sociali e culturali, trasformando il proprio status e le consuetudini di un intero popolo”. Un patrimonio da preservare L'esposizione è resa possibile grazie alle grandi collezioni etnografiche iniziate nel 1901 da San Guido Maria Conforti, fondatore della congregazione dei Missionari Saveriani e del Museo Cinese. 

Cortona On The Move 2025 - Come Together

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Tra meno di un mese, il prossimo 17 luglio, inaugura la 15a edizione del festival internazionale di fotografia Cortona On The Move, che quest’anno ha scelto Come Together come tema portante delle 23 mostre visibili nel borgo toscano fino al 2 novembre. Fino a domenica 20 luglio si danno appuntamento a Cortona i più grandi esperti nazionali e internazionali del mondo della fotografia. Non solo visite guidate con gli autori e i curatori delle 23 mostre, e le letture portfolio, in programma da giovedì 17 a domenica 20 dalle 10.00 alle 20.00 al Teatro Signorelli, ma anche incontri, talk, booksigning esclusivi ed esposizioni temporanee, come la pop up exhibition di Martin Parr WOW!a cura di Jan von Holleben for Kids❤️Photography, che inaugura giovedì 17 luglio alle 10 al Teatro Signorelli. WOW! è anche il titolo del terzo libro della collana fotografica per bambini Il Mondo nei Tuoi Occhi di OTM Company, nata dalla collaborazione tra la casa editrice italiana OTM Company e l’editore francese Les Grandes Personnes e pensata per educare i bambini alla lettura delle immagini e alla comprensione del mondo attraverso la fotografia. La mostra, visitabile gratuitamente nei giorni dell’Opening fino alle 20, è pensata per un pubblico di bambine, bambini e famiglie, un’esperienza immersiva e ludica, che porta lo sguardo irriverente e coloratissimo di Martin Parr nel cuore della Toscana, mettendolo alla portata dei più piccoli. Venerdì 18 luglio, alle 15.30 presso le Logge del Teatro Signorelli, sarà anche presentato il libro.   Come di consueto, giovedì sarà il giorno dell’inaugurazione ufficiale del festival: appuntamento alle ore 18.00 per la conferenza d’apertura. A seguire quest’anno ci sarà la cerimonia di consegna del Premio Vittoria Castagna, del valore di 5mila euro, indetto dall’Associazione Culturale ONTHEMOVE e rivolto ai giovani in formazione o che abbiano già concluso il loro percorso di studi nell'ambito del marketing e comunicazione per la produzione culturale. Venerdì 18 luglio appuntamento alle ore 15.00 al Teatro Signorelli con il talk “Immagini della presenza e dell’assenza” con i fotografi Federico Vespignani e Taysir Batniji, un dialogo sul potere delle immagini di rappresentare non solo ciò che accade ma anche ciò che ci plasma, tra realtà geopolitiche complesse e vissuti personali intrisi di distanza e silenzi.   Sabato 19 luglio la giornata si apre con un appuntamento dedicato ai più piccoli: alle 11 alle logge del Teatro Signorelli, COTM for Kids, laboratorio fotografico dai 6 anni in su curato dalla Libreria La Casa sull’Albero di Arezzo. Alle 12.00, al Teatro Signorelli, è in programma la tavola rotonda “Doppia esposizione: fotografia e scienza per raccontare il cambiamento climatico”, Stefano Mancuso, Neurobiologo delle piante e Direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale, dialogherà sul cambiamento climatico con i fotografi di Cronache d’acqua – Immagini dal Sud Italia prodotta in partnership con Intesa Sanpaolo e Gallerie d’Italia e Atlas of the New World, la mostra ideata e realizzata in partnership con at - autolinee toscane: Cosimo Calabrese, Valeria Cherchi, Eleonora D’Angelo, Edoardo Delille, Giulia Parlato, Giulia Piermartiri, Roselena Ramistella e Alessandro Grassani, Sony Ambassador. Sarà un’occasione per riunire fotografi, studiosi e professionisti del settore culturale e ambientale e riflettere su come le immagini, le narrazioni visive e le ricerche scientifiche possano dialogare, emozionare e attivare consapevolezza.   Alle 15.00 doppio appuntamento: alle logge del Teatro Signorelli con la presentazione in anteprima del libro Atlas of the New World, edito da L’Artiere, con Edoardo Delille, Giulia Piermartiri, Tommaso Rosa - Direttore Marketing at – autolinee toscane e gli editori. All’interno del Teatro con il talk “Inferno & Paradiso” con Alfredo Jaar, la Curatrice e Direttrice di Photo Elysée, Museum for Photography di Losanna Nathalie Herschdorfer, Paolo Woods e le fotografe Darcy Padilla e Anastasia Taylor-Lind. Partendo dalla mostra di Jaar, si esploreranno le implicazioni etiche, emotive e narrative della fotografia documentaria.   A seguire, alle 16.00, conversazione con il fotografo Yael Martinez, Silvia Dallatomasina, già Vicedirettrice generale per il Messico di MSF e Paolo Woods. Il talk, introdotto da Veronica Nicolardi dal titolo Racconti dalla Rotta Migratoria in Messico con Medici Senza Frontiere, sarà occasione per riflettere su uno dei drammi umanitari più urgenti del nostro tempo e sul potere della fotografia come strumento di testimonianza e connessione umana. Alle 16.30, alle logge del Teatro, presentazione in anteprima del libro Inferno & Paradiso, edito da L’Artiere, con Alfredo Jaar e gli editori.   Alle 17.00 al Teatro Signorelli saranno proclamati i vincitori del nuovo Cortona On The Move | BarTur Grant per la fotografia documentaristica.   Sabato sarà anche il giorno della visita degli studenti delle scuole di fotografia, coinvolti in un progetto realizzato da OTM Academy e mirato ad offrire agli studenti selezionati l’opportunità di “entrare” nel mondo dei professionisti partecipando alle letture portfolio, interagendo con i fotografi presenti e con gli organizzatori del festival.  A chiudere la giornata il COTM Party in una sede iconica per il borgo toscano, Piazza della Repubblica, quest’anno dedicato ai festeggiamenti per i 15 anni del festival.   Nella giornata di domenica 20 proseguiranno i booksigning e le visite guidate alle mostre.   Gli appuntamenti non si concludono qui. Dal 19 al 25 luglio OTM Company organizza tre workshop con Andrea Frazzetta, Paolo Verzone, Filippo Chiesa e Alessandro Bernardi. Il calendario a questo link https://www.cortonaonthemove.com/otm-academy/.   Il programma completo dell’opening è disponibile a questo link https://www.cortonaonthemove.com/opening/. I pass per accedere a tutti gli eventi dell’Opening sono disponibili a questo link https://shop.cortonaonthemove.com/   VALDICHIANA ON THE MOVE Il progetto Valdichiana On The Move nasce nell’ambito di Valdichiana2025 Capitale Toscana della Cultura grazie alla collaborazione tra Cortona On The Move e la Fondazione Cantiere. Si tratta di una narrazione visiva diffusa e itinerante affidata alla fotografa britannica Laura Pannack, selezionata dagli organizzatori del festival di Cortona, che racconta per immagini 10 comuni della Valdichiana toccati dal Canale Maestro della Chiana, il canale artificiale realizzato nel 1338 per bonificare l'area paludosa tra Arezzo e Chiusi.  Alla fotografa il compito di esplorare e raccontare, attraverso il proprio sguardo, l’identità dei dieci comuni legati al canale della bonifica per restituire una visione autentica del territorio, intrecciando paesaggio, storia e la vita quotidiana dei suoi abitanti. Il progetto a ingresso libero sarà inaugurato presso il centro visite del Lago di Montepulciano il prossimo 28 giugno alle ore 18, mentre il 17 luglio avrà avvio la mostra su affissioni distribuita nei dieci comuni di riferimento. L’inaugurazione ufficiale a Cortona On The Move avverrà sabato 19 luglio alle ore 19.30 presso il Parco Archeologico, alla presenza dei rappresentanti dell’Unione dei Comuni della Valdichiana Senese e del festival.   LETTURE PORTFOLIO Il 17 e il 18 luglio, al Teatro Signorelli, fotografi professionisti ed emergenti avranno la possibilità di far valutare il proprio lavoro da esperti del settore fotografico e ai photo editor delle più importanti testate nazionali e internazionali. I lettori presenti quest’anno sono: Amnon Bar-Tur, Co-Founder BarTur Photo Award, Michele Bella, Director Galleria Valeria Bella, Antonio Carloni, Deputy Director Gallerie d’Italia-Torino, Edda Fahrenhorst, Artistic Director Yeast Photo Festival & Environmental Photo Festival horizonte zingst, Renata Ferri, Journalist and curator, Gianmarco & Gianluca Gamberini, Founders L’Artiere Edizioni, Sarah Gilbert, Picture Editor The Guardian, François Hébel, Director at Large International Center of Photography (ICP), Nathalie Herschdorfer, Curator and Director Museum Photo Elysée, Emmanuelle Kouchner, Director Delpire & co, David Y. Lee, Senior Program Officer Storytelling, National Geographic Society, Lars Lindemann, International Project Curator COTM, Independent Curator, Chiara Magni, Head of Public Engagement Medici Senza Frontiere, Marie Monteleone, Senior Photo Editor Bloomberg, Arianna Rinaldo, Curator PhEST e Amelie Schneider, Director Die Zeit. LE MOSTRE E LE LOCATION DI CORTONA ON THE MOVE 2025   FORTEZZA DEL GIRIFALCO ●      Alfredo Jaar - Inferno & Paradiso. Coprodotta in collaborazione con Photo Elysée, Museo per la Fotografia, Losanna ●      Cronache d’acqua – Immagini dal Sud Italia. Una produzione di Cortona On The Move in partnership con Intesa Sanpaolo e Gallerie d’Italia ...

GIOVANNI PAOLO II. L'UOMO, IL PAPA, IL SANTO NEGLI SCATTI DI GIANNI GIANSANTI

Cerith Wyn Evans. Pompeii Threnody

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Come un canto funebre, viscerale e profondo, un’antica trenodia greca, che nell’alternanza di cori e voci soliste accompagnavano nell’ultimo saluto il defunto, così la mostra personale Pompeii Threnody di Cerith Wyn Evans (1958, Llanelli, Galles-UK) - che inaugura venerdì 18 luglio all’Antiquarium di Boscoreale - conduce il visitatore in un dialogo inconscio e involontario “con chi e con ciò che, in fondo, continua a vivere a Pompei”, rievocandone la perdurante vitalità della memoria.    Pompeii Threnody è la prima mostra site-specific del programma Pompeii Commitment. Materie archeologiche appositamente pensata per l’Antiquarium di Boscoreale e Villa Regina, offrendone una nuova lettura dei luoghi attraverso il linguaggio della contemporaneità. La mostra, a cura di Andrea Viliani con Stella Bottai, Laura Mariano, Caterina Avataneo, sarà aperta al pubblico da sabato 19 luglio 2025 a domenica 11 gennaio 2026. Pompeii Threnody esplora la memoria, il tempo e la trasformazione, elementi centrali nell’opera dell’artista gallese, tra i più raffinati e poetici del panorama internazionale. Dodici le opere in mostra, di cui dieci appositamente realizzate per l’occasione, in un dialogo suggestivo tra materia archeologica e immaginario contemporaneo. Tra queste: Una serie di fotoincisioni dedicate ai cipressi della piana del Sarno, che evocano la dimensione geologica e memoriale del paesaggio vesuviano; Un’installazione luminosa ispirata al carro cerimoniale rinvenuto a Civita Giuliana, con il celebre palindromo latino IN GIRUM IMUS NOCTE ET CONSUMIMUR IGNI, “Andiamo in tondo nella notte e siamo consumati dal fuoco” Un gruppo di lampade-scultura in forma di palme dorate, poste nel patio dell’Antiquarium, in dialogo con l’architettura della vicina Villa Regina. Due delle opere (le fotoincisioni e l’installazione luminosa) saranno acquisite nella collezione permanente del Parco Archeologico di Pompei, arricchendo il percorso di interazione tra archeologia e arte contemporanea.  La pratica concettuale di Cerith Wyn Evans incorpora un’ampia varietà di media, spesso esplorando la relazionetra luce e testo, tra pensiero e significato per creare scenari in cui gli spettatori prendano consapevolezza dellaloro stessa presenza.Le prime opere di Wyn Evans utilizzavano film e video, creando ambienti di “cinema espanso” che spessocomprendevano la collaborazione di performer. Dagli anni Novanta il suo lavoro esplora il rapporto tralinguaggio e spazio, tra temporalità e fenomenologia della percezione, caratterizzata quest’ultima dallaprecisione e chiarezza formale con cui l’artista si relaziona al contesto di una particolare sede espositiva.Concatenazioni di riferimenti a testi, partiture e gesti sono evocati e intrecciati nella creazione di una vera epropria “mise en scene” complessiva. Le situazioni vengono costruite... le occasioni vengono messe in scena.Per Wyn Evans, le installazioni funzionano come un catalizzatore: un serbatoio di potenziali significati che sidipanano in molteplici viaggi discorsivi. Inoltre, il suo lavoro ha un'estetica altamente raffinata in cui riverbera ilsuo costante interesse per l'architettura e la musica, per campi apparentemente disparati come laprogettazione di fontane e il teatro tradizionale giapponese, la traduzione, l'astronomia, la psicoanalisi e ilcodice Morse. Le sue opere sfruttano il potenziale di un incontro "per suscitare fantasticheria". Oggetti edesperienze sono giustapposti e disposti "in concerto" invitando a formulare e condividere molteplici riflessionie interrogativi. Le mostre stesse sono pensate per occupare e promuovere "un'arena di contraddizioni, in cuidesiderio e realtà si abbracciano".Tra le mostre personali recenti: Centre Pompidou-Metz, Metz (2024); Espace Louis Vuitton, Tokyo; SogetsuKaikan, Tokyo; Taka Ishii Gallery, Tokyo; Marian Goodman, Parigi e New York (tutte 2023); Mostyn, Llandudno(2022); Aspen Art Museum, Aspen (2021); POLA Art Museum, Hakone; Galerie Buchholz, Cologne; White CubeBermondsey, Londra (tutte 2020); Pirelli HangarBicocca, Milano (2019); Sogetsu Kaikan, Tokyo; Museo Tamayo,Città del Messico (entrambe 2018); Tate Britain Commission, Londra (2017); Marian Goodman, Parigi (2017);White Cube Bermondsey, Londra; Museion, Bolzano (entrambe 2015); Serpentine North Gallery, Londra (2014);TBA-21 Augarten, Vienna (2013); De La Warr Pavillion, Bexhill-on-Sea (2012); Kunsthall Bergen, Bergen (2011);Tramway, Glasgow (2009); Inverleith House, Edinburgh (2009); MUSAC, Leon (2008); Musée d’art moderne dela Ville de Paris, Parigi (2006) e Kunsthaus Graz, Graz (2005). Ha inoltre partecipato a importanti mostrecollettive periodiche e Biennali, fra cui: Biennale di Venezia (2017, 2010, 2003), Skulptur Projekte Münster(2017); Moscow Biennial (2011); Aichi Triennale (2010); Yokohama Triennale (2008); Istanbul Biennial (2005).Cerith Wyn Evans vive e lavora a Londra.

ARTEPARCO 2025

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ARTEPARCO, iniziativa che dal 2018 valorizza un territorio unico come il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise attraverso interventi di arte contemporanea, inaugura nel mese di luglio la sua ottava edizione presentando Stasis, opera di Velasco Vitali (Bellano, 1960), tra i nomi di spicco del panorama artistico contemporaneo italiano.L’artista, ispirato dal contesto delle Foreste Vetuste, riconosciute patrimonio mondiale dall’UNESCO, ha realizzato un’opera che omaggia la fauna del Parco, traendo ispirazione dagli stiliti, asceti dell’antichità che vivevano per lunghi periodi sopra colonne o pilastri, immobili e in preghiera, come forma di elevazione spirituale.In Stasis, il tronco grezzo di una quercia diventa una colonna naturale, sulla cui sommità si erge un lupo appenninico, simbolo della natura e, al tempo stesso, metafora della società moderna, proiettata verso un cammino ancora da compiere.“Per le Foreste Vetuste del Parco ho immaginato una scultura simbolica, punto di partenza di un percorso in cui ognuno è chiamato a lasciare la propria impronta, a testimonianza del legame con il territorio”, afferma Velasco Vitali. “È un invito a disegnare una ‘geografia della mente’, fatta di connessioni, scambi e consapevolezza della nostra esistenza.”Con la sua ottava edizione, ARTEPARCO rafforza la vocazione del progetto a diventare un vero e proprio museo a cielo aperto, capace di guidare il pubblico alla scoperta di opere celate nel cuore del Parco.Provenendo da Pescasseroli e percorrendo i sentieri C1 e C2, è possibile imbattersi nelle installazioni di artisti dalla cifra stilistica eterogenea che, nel corso degli anni, si sono confrontati con questa ambientazione incontaminata: Marcantonio, Matteo Fato, Alessandro Pavone, Sissi, Valerio Berruti, Accademia di Aracne e megx.“Ogni anno ARTEPARCO ci ricorda quanto la natura possa essere fonte inesauribile di ispirazione per la creatività contemporanea”, afferma Paride Vitale. “Arrivare all’ottava edizione è motivo di grande gioia e gratitudine verso tutti coloro che hanno condiviso, sostenuto e vissuto questo sogno insieme a me.”Il progetto, ideato dall’imprenditore e comunicatore abruzzese Paride Vitale, nasce dalla virtuosa collaborazione tra il Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, il Comune di Pescasseroli e il brand di profumi PARCO1923.ARTEPARCO è inoltre realizzato grazie al prezioso supporto di partner attenti alla salvaguardia dell’ambiente come BMW Italia, Sky Arte, GORE-TEX, Woolrich Outdoor Foundation e INWIT.Per l’impegno rivolto alla valorizzazione del territorio dimostrato negli anni, l’iniziativa gode del Patrocinio del Ministero dell’ambiente della sicurezza energetica. 

Valerio Berruti. More than kids

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Dal 22 luglio 2025, Palazzo Reale di Milano presenta la più grande mostra personale mai realizzata di Valerio Berruti, uno degli artisti più significativi e intensi del panorama contemporaneo. Con sculture monumentali, installazioni, video e una vera e propria giostra sulla quale salire, Valerio Berruti conduce i visitatori, attraverso la meraviglia delle sue opere, in un percorso che partendo dall’infanzia – il momento in cui tutto può ancora succedere – tocca temi universali che generano spazi di riflessione profonda, capaci di parlare a grandi e piccoli.VALERIO BERRUTI. More than kids, promossa dal Comune di Milano – Cultura, è prodotta e organizzata da Palazzo Reale e Arthemisia, in collaborazione con Piuma e con il sostegno della Fondazione Ferrero che ha organizzato ad Alba un’esposizione (aperta al pubblico fino al 4 luglio) con opere inedite e site-specific dell’artista, insieme ad alcuni lavori preparatori in anticipazione della mostra milanese.Il progetto espositivo, curato da Nicolas Ballario, è un viaggio all’interno della poetica dell’artista attraverso opere cardine della sua produzione – come la grande scultura-carosello con la musica appositamente realizzata da Ludovico Einaudi “La giostra di Nina” – e opere del tutto inedite che vengono presentate per la prima volta a Milano come “Don’t let me be wrong”, la grande scultura allestita nel cortile di Palazzo Reale musicata da Daddy G dei Massive Attack, ma anche due nuove video-animazioni “Lilith”, con la colonna sonora di Rodrigo D’Erasmo, e “Cercare silenzio” con il suono di Samuel Romano-  storica voce dei Subsonica - che si uniscono alle precedenti animazioni musicate, tra gli altri, da Paolo Conte e Ryuichi Sakamoto.Valerio Berruti ha sviluppato negli anni un linguaggio riconoscibile e profondamente autentico. Attraverso l’antica tecnica dell’affresco, le sculture monumentali, i disegni, i video e le installazioni, l’artista dà vita a un universo popolato da figure infantili sospese nel tempo. Come si evince dal sottotitolo della mostra “More than kids”, i suoi “bambini” non raccontano una storia soltanto personale, ma diventano simboli collettivi che mostrano l’infanzia come luogo di appartenenza, dove tutti siamo stati, ma anche di futuro possibile e ancora da scrivere.Le opere di Berruti non sono solo da guardare: sono da attraversare, da abitare. Nel percorrerle si è chiamati a muoversi, a partecipare. Alcune installazioni coinvolgono lo spettatore in modo diretto: un gruppo di bambini, disposti in cerchio, invita a entrare in una dimensione sospesa, una bambina galleggia in acqua evocando la necessità di salvarsi, grandi uccelli trasportano in volo chi sceglie di salire su una grande opera d’arte ispirata alle antiche giostre a carosello, in un equilibrio tra leggerezza apparente e forza naturale.Altro tema caro all’artista è il cambiamento climatico, protagonista nei suoi ultimi lavori e rappresentato in mostra da “Nel silenzio” che vede tre bambine risposare sulla terra arsa dal sole; o la già citata “Don't let me be wrong”, scultura monumentale nella quale assistere alla proiezione dell’omonimo cortometraggio realizzato con circa ottocento disegni in sequenza e accompagnato da una colonna sonora originale firmata da Daddy G (fondatore della band di culto Massive Attack) insieme al suo storico produttore Stew Jackson.“Con questa ampia monografica, Berruti si trasforma in un regista che, stanza dopo stanza, suscita emozioni, sentimenti, fa sussultare, sorridere, commuovere, riflettere - afferma il curatore, Nicolas Ballario -. Le sue opere sono essenziali, potenti, perché rivelano lo sguardo puro e diretto dei bambini, capaci di leggere il mondo con autenticità e senza livelli. Ogni visitatore è invitato a costruire il proprio cammino, a diventare parte attiva del racconto, in un percorso che fonde leggerezza e profondità, sogno e realtà”. La mostra vede come mobility partner Frecciarossa Treno Ufficiale e media partner Sky Arte. Valerio BerrutiNato ad Alba nel 1977, nel 2009 partecipa alla 53a Biennale di Venezia dove ha presentato un video, con la musica di Paolo Conte, composto da 600 disegni affrescati. Nel 2011 il suo video Kizuna, esposto al Pola Museum di Tokyo con la colonna sonora appositamente scritta da Ryuichi Sakamoto, è diventato un progetto benefico per la ricostruzione del Giappone dopo la devastazione dal terremoto. L’anno successivo ha vinto il premio internazionale Luci d'artista di Torino e ha realizzato un’opera permanente di land art alla Nirox Foundation di Johannesburg. Nel 2018 inizia a lavorare al cortometraggio animato, coprodotto da Sky Arte, La giostra di Nina con la colonna sonora di Ludovico Einaudi. La grande giostra viene esposta nell’autunno del 2018 nella Chiesa di San Domenico di Alba e successivamente al MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo e alla Reggia di Venaria. Nel 2022 è stata inaugurata la sua opera monumentale Alba, una scultura in acciaio inox bronzato altra oltre 12 metri donata dalla famiglia Ferrero alla Città di Alba, posizionata nella centrale piazza Michele Ferrero, dedicata all’imprenditore albese. A maggio 2024 ha inaugurato Circulating sketch, una personale in Cina nel prestigioso Teagan Space di Youyi Bay, nel distretto di Pechino.

Michelangelo Pistoletto. Glacial Threads. Dalle Foreste ai Tessuti del Futuro

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Il Castello Gamba - Museo di Arte moderna e contemporanea della Valle d’Aosta a Châtillon ospita, dal 26 luglio al 28 settembre, la mostra “Glacial Threads. Dalle Foreste ai Tessuti del Futuro”, organizzata da Michelangelo Pistoletto e Cittadellarte in collaborazione con la Struttura patrimonio storico-artistico e gestione dei siti culturali della regione, e con la curatela di Fortunato D’Amico.L’esposizione indaga il profondo legame tra arte, sostenibilità e moda rigenerativa. Partendo dal progetto Glacial Threads. From Forest to Future Textiles, promosso da Lenzing Group (leader mondiale nella produzione di fibre speciali a base di legno) con Cittadellarte, e finalizzato alla creazione di tessuti privi di microplastiche per proteggere i ghiacciai, la mostra affronta il tema del riscaldamento globale e dei cambiamenti socio-ecologici con una particolare attenzione per l'arco alpino. Attraverso installazioni immersive, materiali interattivi e contenuti scientifici, il percorso accompagna i visitatori in un viaggio visivo e sensoriale: dalle foreste, simbolo di equilibrio naturale, ai tessuti del futuro, emblema di un’evoluzione responsabile. Un’esperienza che mette in luce il ruolo cruciale delle pratiche sostenibili e circolari nell’affrontare le sfide ambientali globali. Il Maestro Pistoletto, da sempre noto per il suo impegno sociale e ambientale, candidato dalla Fondazione Gorbachev al Premio Nobel per la Pace 2025, attraverso le opere esposte stimola nel visitatore una riflessione sulla responsabilità collettiva. Per Michelangelo Pistoletto, l’arte è uno strumento di trasformazione sociale e l’artista un agente di cambiamento. Secondo la sua visione, l’arte deve offrire soluzioni rigenerative, integrando scienza e tecnologia per ristabilire un equilibrio armonioso tra l’essere umano e la natura. All’interno di Glacial Threads lo spazio espositivo, suddiviso in tre sale, si trasforma in un organismo vitale dove arte, pensiero ecologico e sperimentazione convivono in un dialogo fluido. Le opere di Pistoletto mirano a tessere una narrazione comune, come fibre che si intrecciano per generare una nuova trama culturale e ambientale.In mostra, molte opere significative: Metamorfosi, che esplora il concetto di trasformazione, sia individuale e collettiva, si propone come un invito alla riflessione sulla relazione tra arte, società e individuo. Attraverso l'uso di specchi e di materiali comuni, Pistoletto mira a creare un'esperienza di partecipazione attiva, coinvolgendo lo spettatore nel processo creativo e nella riflessione sulla propria identità; La Mela Reintegrata rappresenta la ricomposizione degli elementi opposti: natura e artificio. La mela significa natura, il morso della mela significa artificio. Con la Mela Reintegrata l'artificio assume il compito di ricucire la parte asportata dal morso e ricongiungere l'umanità alla natura, anziché continuare ad allontanarla da essa."L'Albero di Ama: divisione e moltiplicazione dello specchio". L'opera riflette la dialettica dell'artista tra unità e divisione, rappresentata attraverso la forma di un albero che contiene uno specchio. In ultimo La Formula della Creazione concetto centrale nell'opera di Pistoletto e nella sua visione del mondo. L'idea è che la connessione tra natura e artificio, o tra opposti in generale, genera qualcosa di nuovo e positivo, un "terzo soggetto" che si unisce ai due elementi originali. Questo terzo soggetto, rappresentato dal cerchio centrale, è il grembo della rinascita, dove si genera una nuova consapevolezza e un nuovo modo di vedere il mondo. Le strutture Segno Arte di Pistoletto esposte accolgono abiti generati dal lavoro collettivo del dipartimento moda di Cittadellarte – B.E.S.T. (Better Ethical Sustainable Think-Tank) grazie alla collaborazione con i designer Blue of a Kind, Bav Tailor, Tiziano Guardini e Flavia La Rocca.Realizzati con le fibre biodegradabili utilizzate per proteggere i ghiacciai, i capi raccontano una moda rigenerativa e consapevole, proiettata oltre l’effimero. I geotessili, ideati dal gruppo Lenzing, privi di plastica, dopo essere stati utilizzati per due anni a copertura dei ghiacciai, vengono rimossi e reintegrati nel ciclo tessile, testimoniando un approccio circolare che tutela i ghiacciai e – al contempo - riduce l’impatto ambientale dell’industria della moda. Infine, l’opera fotografica Dall’infinito alla Creazione, che cattura la maestosità e la fragilità dei ghiacciai introducendo il visitatore in una dimensione cosmica, dove il gesto dell’artista si fa punto di contatto tra l’universale e il quotidiano. Le declinazioni internazionali del Terzo Paradiso restituiscono l’eco di un’utopia concreta, che prende forma attraverso comunità, scuole, città, relazioni. Le azioni di Glacial Threads dialogano con i principi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, e i suoi 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Moebius contenente testi critici del curatore Fortunato D’Amico e un’intervista a Michelangelo Pistoletto, tradotto in tre lingue: italiano, inglese e francese.Durante tutto il periodo espositivo verranno realizzati workshop e conferenze curati dall’Accademia di Cittadellarte sui temi della mostra. Michelangelo Pistoletto nasce a Biella nel 1933. Artista, pittore e scultore, animatore e protagonista della corrente artistica dell’Arte Povera. Attraverso una ricerca sull’autoritratto condotta negli anni Cinquanta, approda nei primi anni Sessanta alla realizzazione dei Quadri specchianti, che includono direttamente nell’opera la presenza dello spettatore e la dimensione reale del tempo. Con queste opere raggiunge in breve tempo il riconoscimento internazionale. Tra il 1965 e il 1966 produce un insieme di lavori intitolati Oggetti in meno, considerati basilari per la nascita dell’Arte Povera, di cui la sua Venere degli stracci, realizzata nel 1967, è considerata una delle opere più emblematiche. Promotore della “collaborazione creativa” già nel 1968, nel corso degli anni Novanta, con Progetto Arte e con la creazione a Biella di Cittadellarte - Fondazione Pistoletto e dell’Università delle Idee, mette l’arte in relazione attiva con i diversi ambiti del tessuto sociale al fine di ispirare e produrre una trasformazione responsabile della società. Nel 2003 ha iniziato la fase più recente della sua ricerca, il Terzo Paradiso, divenuto nel corso dei decenni successivi una grande opera collettiva e partecipata. Nel 2022 è stato pubblicato il suo libro più recente, La formula della creazione, in cui ripercorre i passi fondamentali e l’evoluzione del suo intero percorso artistico e della sua riflessione teorica. Nell’anno 2025 la Fondazione Gorbachev ha presentato la candidatura di Michelangelo Pistoletto al Premio Nobel per la Pace. Sue opere sono presenti nelle collezioni dei maggiori musei d’arte moderna e contemporanea.Inaugurazione | venerdì 25 luglio ore 17.30

Fuori dai confini della realtà. Tra Klee, Chagall e Picasso

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Fuori dai confini della realtà. Tra Klee, Chagall e Picasso è il titolo della nuova grande mostra ospitata dal 1 agosto 2025 all’11 gennaio 2026 ai Musei civici “Gian Giacomo Galletti” in Palazzo San Francesco a Domodossola. Protagonista sarà l’arte del Novecento che celebra il ribaltamento dei vincoli razionali, attraverso le opere di artisti straordinari come Pablo Picasso, Osvaldo Licini, Fausto Melotti, Paul Klee, Marc Chagall e Gastone Novelli. La mostra è ideata e curata da Antonio D’Amico con la collaborazione di Stefano Papetti e Federico Troletti e promossa dal Comune di Domodossola, in partnership con la Fondazione Angela Paola Ruminelli e prodotta dal Museo Bagatti Valsecchi di Milano, con il patrocinio della Regione Piemonte e con il sostegno di Findomo S.r.l.Il progetto espositivo esplora gli anni a cavallo tra le due guerre fino agli Sessanta, attraverso un nucleo di dipinti e opere d’arte applicata inedite che puntano a infrangere le regole imposte dalla razionalità per riscoprire una dimensione spirituale e liberatoria rispetto a ciò che è visibile e tangibile. La mostra si inserisce all’interno della 5^ edizione dell’esposizione Italo Svizzera che sarà allestita dal 13 al 22 settembre 2025 proprio a Domodossola. Per la sua posizione strategica, la città è stata ed è tuttora un luogo di passaggio frequentatissimo da italiani e stranieri, grazie al valore storico e soprattutto commerciale, mantenuto per secoli negli scambi con le comunità presenti nelle vallate vicine. Il confine tra Italia e Svizzera ha rappresentato sempre un terreno fertile e un luogo di incontro per molti artisti, come quelli esposti in mostra quali Paul Klee, Marc Chagall, Pablo Picasso, Fausto Melotti, Osvaldo Licini e Gastone Novelli. Da un lato la lunga tradizione culturale e artistica dell’Italia e dall’altro l’innovazione e lo sperimentalismo della Svizzera, hanno alimentato rapporti fruttuosi tra gli artisti, influenzando profondamente l’immaginario collettivo.Paul Klee, nato nei pressi di Berna da padre tedesco e madre svizzera, rappresenta un esempio emblematico della connessione tra Italia e Svizzera, con la sua arte che risente fortemente dell’influenza della sua formazione nel paese d’Oltralpe. Anche Marc Chagall, pur essendo di origine russa, lasciò un segno indelebile in Svizzera, dove realizzò un ciclo di cinque vetrate nella chiesa di Fraumünster a Zurigo, testimoniando il suo legame spirituale e artistico con il territorio. E ancora Picasso, che si lascia affascinare dal Rinascimento italiano. La storia per ognuno di loro è fucina di nuove idee, consentendo la nascita di movimenti fondamentali come il Dadaismo e l’arte astratta. Il titolo della mostra - Fuori dai confini della realtà – è emblematico e testimonia come questi artisti, insieme ad altri, hanno contribuito a liberare l’immagine dai significati quotidiani della realtà, riportandola a uno stato di purezza. I loro lavori, radicati in un contesto storico turbolento, si riallacciano alla tradizione europea ma, allo stesso tempo, aprono una porta verso il nuovo, attraverso un linguaggio che sfida la logica e la ragione.Così accade nelle opere di ceramica sperimentale di Fausto Melotti, a Domodossola con una serie di Senza titolo e il Centauro realizzate nel secondo dopoguerra, come anche nelle due versioni di Bambini in ceramica invetriata che saranno in mostra. A Melotti si affiancano le opere in ceramica e vetro di Pablo Picasso, tra tutte in particolare il Furetto e il Satiro che rivelano la sua abilità nel manipolare la materia, il vetro e la ceramica, per sondare altri mondi che sono quelli della mente. Tra le opere in vetro merita particolare attenzione anche l’unica opera di Jean Cocteu, Tre occhi (1956).Significativa in questa panoramica artistica è la presenza di Paul Klee con l’acquerello Baumgruppe del 1931 e di Marc Chagall, in mostra sia il suo Suonatore di violino che la Composition au cirque del 1976-77. E infine anche le opere pittoriche di Osvaldo Licini, come Angelo ribelle (1954), Amalassunta. mano piede (1954) e il ciclo dei Notturni (1956). Gastone Novelli sarà presente con una serie di opere che testimoniano l’interesse per un alfabeto fantastico che diventa la cifra stilistica di una pittura profondamente mentale. La mostra, dunque, si pone l’obiettivo di riflettere sulla nascita di queste nuove forme artistiche che cavalcano il Novecento, immerse nell’immaginifico, nella fantasia, nel sogno, con un particolare focus sulle influenze degli artisti che hanno vissuto e operato tra Italia e Svizzera. Allo stesso tempo non si limita a esplorare il passato, ma si propone anche di riflettere sul futuro e su come l’irrazionale e la liberazione dell’immagine possano continuare a influenzare la nostra visione del mondo e della cultura contemporanea. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale.

When I was a designer. Franco Perrotti

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Dal 3 al 24 ottobre 2025, la Fabbrica del Vapore di Milano, negli spazi del Locale ex Cisterne, ospiterà la mostra WHEN I WAS A DESIGNER. FRANCO PERROTTI, l’antologica monografica dedicata all’artista e designer abruzzese. Attraverso un viaggio espositivo di grande intensità, si svela il racconto di quarant’anni di ricerca e passione di Franco Perrotti. Un percorso che traccia l’evoluzione della sua creatività eclettica, dai primi passi nel design milanese a metà anni Settanta fino alla sua visione artistica contemporanea. Un cammino che si è trasformato nel tempo, tessendo con maestria le tematiche e i linguaggi del suo fare design con le sfumature profonde della sua arte. La mostra vuole proporre un’armoniosa fusione tra due mondi apparentemente distanti, ma intrinsecamente connessi, che si incontrano e si arricchiscono in un dialogo costante, dando vita a un racconto visivo di continue scoperte, variazioni e affinamento dei contenuti. A cura di Fortunato D’Amico, l’esposizione racconta la visione di Franco Perrotti attraverso un percorso che si snoda sui due piani della sede espositiva, per un totale di 1100 mq, offrendo al pubblico un viaggio visivo, concettuale ed emotivo nel suo processo creativo, da sempre così legato all’artigianalità del gesto e alla riflessione sulla finalità dell’oggetto nella sua relazione con l’uomo. Franco Perrotti nasce in Abruzzo nel 1953 e si forma a Milano, dove inizia il suo percorso professionale in Tecno. Dopo questa esperienza, fonda il proprio studio e collabora a progetti di design e interior per aziende nazionali e internazionali, senza mai rinunciare alla sua vocazione artistica. Negli ultimi anni, ha approfondito il suo lavoro di ricerca con installazioni, sculture, allestimenti e sperimentazioni cromatiche, orientandosi verso una sintesi tra funzione e racconto, rigore e libertà, materia e visione. Quella di Franco Perrotti è una ricerca che si adopera per il recupero delle competenze del saper fare, perché come gli artigiani cerca di realizzare pezzi ben fatti, di qualità e che esprimano un linguaggio intimo e personale, slegato dalle mode e dalle logiche preconfezionate. Spiega Franco Perrotti: “Design è un termine anglosassone, significa tutto e non vuole dire nulla. Va sempre preceduto da un aggettivo per definirne il campo, il settore specifico. Design equivale a disegno, progetto, concetto. Industrial design, interior design, fashion design, car design sono alcune delle specializzazioni che il sostantivo racchiude. È evidente che una forma d’espressione strettamente più vicina alla produzione industrial. Probabilmente tra gli anni ‘50 e ‘60 noi italiani abbiamo traghettato queste discipline nate in ambito puramente tecnico, quasi fordistico, trasformandole in una disciplina umanistica, mi piace pensare “mediterranea”. Questo è il nostro merito. Costruire bene, con disciplina razionale, ma aggiungendo attraverso il segno l’irrazionale legato alla sfera emotiva. Forse anche gli oggetti hanno un corpo, un'anima e uno stomaco. Ma le buone intuizioni subiscono nel tempo evoluzioni aberranti o manipolate. Spesso il possesso non equivale al bisogno e operazioni di marketing possono sostituire l’oggetto di design alla persona, determinandone lo status. Piccole pattuglie di designer si esprimono con altri linguaggi, più vicini all'arte e più lontani dal "trend" e da logiche subliminali”. Un percorso in sei stazioni e una visione condivisa Questa prima antologica dedicata a Franco Perrotti nella città di Milano, dove tutto per lui ha avuto inizio, vuole mettere a fuoco il suo percorso completo e la sua visione critica nei confronti di un design fine a sé stesso e di un’arte che sia di pura estetica. Il percorso inizia al primo piano della fabbrica, dove lo spettatore è invitato a seguire un percorso che prevede sei tappe, sei “stazioni” monotematiche, ognuna concepita come un rifugio di memorie, prototipi, appunti, modelli, oggetti e visioni. Queste tappe raccontano la storia di un pensiero in evoluzione, rendendo omaggio ai 5 brand che Franco Perrotti ha selezionato e con cui ha maggiormente collaborato nel corso della sua carriera: TECNO, POLTRONA FRAU, MOROSO, FARAM, AIRON. Una sezione speciale è dedicata a RUDE BRAVO, il laboratorio di design nato in Abruzzo frutto dell’ostinata e cocciuta volontà di Franco Perrotti, assieme a Mario Mariano e Tanino Liberatore. Rude Bravo rappresenta l’espressione più radicale e poetica di un’idea di design che afferma la forza visionaria del progetto come “sogno ben sognato prima di essere un marketing sofisticato”. Il passaggio dal design all’arte. Il viaggio prosegue e si conclude al piano terra, dove si apre un nuovo scenario: spazi aperti contenitori di altre storie, di altre visioni e di altri contenuti. Protagonista di questo secondo momento espositivo è anche il grande Dissuader. Il “DISSUASORE” è una metafora che prende corpo in un piccione, gigantesco e allegorico, frutto di grande lavoro manuale e molta tecnologia. Proposto in mostra nella sua versione in acciaio, ma anche in fusioni, alluminio, ceramica, resina, il Dissuasore diventa emblema della complessa relazione tra esseri umani e tra uomo e ambiente naturale. È con opere come queste che Franco Perrotti ha iniziato a misurarsi con gli oggetti mastodontici in cui sboccia oggi la sua ricerca, trasferendo la gestione ed i criteri di un progetto di design in un’opera d’arte. Forse – si chiederà il visitatore – stiamo entrando in un’altra dimensione, un’altra narrazione? When I Was a Designer… Appunto. Una sala della mostra sarà dedicata a una videoinstallazione a carattere immersivo: sulle sue pareti scorreranno le immagini dei video prodotti dalla fotografa e regista Bruna Rotunno, dal fotografo e registra Ernani Paterra e dal fotografo Enrico Di Nenno. In questo spazio, allestito con le sedute e i divani dello stesso Franco Perrotti, il visitatore avrà modo di interpretare il lavoro e la forza dell’atto creativo di un artista che coniuga il “fare a mano” seguendo i canoni del lavoro tradizionale con i risultati di macchine ad alta tecnologia, mescolando tradizione e digitale. In occasione della mostra verrà pubblicato il volume/catalogo When I was a Designer. Franco Perrotti, a cura di Fortunato D’Amico, pubblicato da Moebius Edizioni. In italiano e inglese, il volume proporrà i saggi critici di Francesca Bogliolo, Valentina Lonati ed Elisa Massoni. FRANCO PERROTTI Formatosi nel pieno degli anni Settanta, Franco Perrotti studia dapprima a Pescara e poi a Milano dove frequenta i corsi di Attilio Marcolli e Bruno Munari alla Scuola Politecnica di Design ed entra in contatto col cuore pulsante del Design internazionale. Inizia quindi la sua collaborazione con il Centro Progetti di Tecno (1976-1986), azienda leader per ambienti di lavoro e spazi collettivi. Franco Perrotti cura il Product Design e di Interior Design della società, disegnando prodotti in catalogo, lay-out di rifacimenti e allestimenti degli showroom e curando concept per scenografie di fiere e manifestazioni di settore. Dal 1986 inizia la sua carriera come designer indipendente e fonda lo studio Perrotti Dissociati Design, tuttora attivo e impegnato in progetti di Industrial e Interior Design, oltre che in interventi architettonici. Inizia così le sue collaborazioni con numerose e prestigiose aziende. Dal 1989 al 1993 in veste di Art Director collabora con Faram spa, azienda leader nella progettazione di soluzioni per ufficio dove gestisce design di prodotto, comunicazione e allestimenti. Crea una nuova linea di arredi per la casa e la nuova veste grafica del catalogo di Airon Metalarredo, produttrice di complementi arredo per casa e ufficio. Nello stesso periodo, disegna sedie e poltrone da auditorium per il marchio Poltrona Frau e tavoli e sedute per spazi collettivi per il marchio Moroso. Nel 1997 lascia Milano per tornare in Abruzzo dove, insieme a Tanino Liberatore e al giovane architetto Mario Mariano, fonda Rude Bravo Design Workshop, un laboratorio di idee, progetti, prodotti e manufatti. Rude Bravo esordisce l’anno seguente durante il Fuori Salone di Milano con la mostra “I 7 Peccati Capitali” allestita presso lo Spazio Consolo. Sempre con Tanino Liberatore, Franco Perrotti dà vita a prodotti di particolare risonanza come “L’Homme au turban rouge et son cousin” del 2007, una lampada a due ante ispirata al quadro di Jan van Eyck. In qualità di editore e designer, Franco Perrotti cura prodotti ideati per tirature limitate e realizza spesso pezzi unici e con Rude Bravo caratterizza per un decennio il panorama del design italiano con proposte innovative e fuori dagli schemi. Con lo studio “Officine d'Essai”, officina di architettura, arte e Interior design fondata a Pescara nel 2012, continua e dilata il progetto di Rude Bravo Design Workshop, sempre nel solco della curiosità, della sperimentazione e del consolidamento del linguaggio progettuale con importanti ...

Fata Morgana: memorie dall’invisibile

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Fondazione Nicola Trussardi e Palazzo Morando | Costume Moda Immagine sono lieti di annunciare Fata Morgana: memorie dall’invisibile, una mostra ideata e prodotta dalla Fondazione Nicola Trussardi per Palazzo Morando | Costume Moda Immagine, con la curatela di Massimiliano Gioni, Daniel Birnbaum e Marta Papini. La mostra è pensata dalla Fondazione Nicola Trussardi appositamente per gli spazi di Palazzo Morando, sede museale dedicata alla storia della città di Milano e residenza della Contessa Lydia Caprara Morando Attendolo Bolognini (Alessandria d'Egitto, 1876 – Vedano al Lambro, Monza Brianza, 1945), che tra Otto e Novecento raccolse una vasta biblioteca su temi occultistici, spiritici e alchemici, oggi custoditi all’Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana.È a partire dalla figura della Contessa e da questo luogo carico di suggestioni che prende forma l’idea di un progetto espositivo unico, dedicato a pratiche artistiche ispirate all’invisibile, all’automazione psichica e alla trance come modalità di creazione. Fata Morgana è un personaggio mitologico appartenente al ciclo delle leggende di Re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda, spesso associata a luoghi misteriosi come l'isola di Avalon, terra di passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti: nell’immaginario collettivo è una maga potente – ora benevola, ora spietata, custode di segreti, illusioni e mondi intermedi, capace di potenti incantesimi, sortilegi e inganni – ma anche, nelle interpretazioni più recenti, una donna libera, indipendente e anticonformista che vive senza seguire le regole imposte dalla società. La mostra trae ispirazione dal poema Fata Morgana, scritto da André Breton nel 1940, e intreccia storia, arte e misticismo in un viaggio attraverso visioni, estasi, apparizioni e immaginari alternativi per esplorare il rapporto tra arte, occulto e dimensioni interiori. Con dipinti, fotografie, documenti, disegni e oggetti rituali Fata Morgana: memorie dall’invisibile presenta le opere di medium, mistiche e mistici, visionarie e visionari, artiste e artisti che hanno aperto varchi tra il visibile e l’invisibile. La mostra indaga le contaminazioni tra arti visive e fenomeni paranormali, esoterismo, spiritismo, teosofia e pratiche simboliche, restituendo un panorama vibrante e frammentario di ricerche nate ai margini della storia ufficiale ma capaci di trasformare radicalmente le convenzioni dell’arte e della società. Al centro della mostra ha un posto di rilievo un prezioso nucleo di opere di Hilma af Klint, leggendaria pittrice svedese che agli inizi del Novecento – guidata da presenze medianiche – sviluppò un linguaggio astratto del tutto originale, precorrendo pionieri dell’astrazione come Wassily Kandinsky e Piet Mondrian. Si tratta di una rara occasione per ammirare in Italia un corpus di 16 tele risalenti alla primissima fase di sperimentazione “automatica”: un’opportunità significativa, che si inserisce nel crescente interesse internazionale verso l’opera di af Klint, riscoperta dal grande pubblico a partire dal 2013 grazie alla Biennale di Venezia (curata da Massimiliano Gioni) e alla retrospettiva organizzata dal Moderna Museet di Stoccolma (allora diretto da Daniel Birnbaum, che è anche curatore del catalogo ragionato dell’artista), e che oggi è protagonista di un'importante mostra al MoMA di New York.Accanto a quelle di Hilma af Klint verranno presentate opere e documenti di altre straordinarie figure storiche tra cui Georgiana Houghton, Emma Kunz, Linda Gazzera, Hélène Smith, Eusapia Palladino, Carol Rama, Man Ray, Pierre Klossowski, Victorien Sardou, Augustine Lesage, Annie Besant e Wilhelmine Assmann, che saranno poste in dialogo con artiste e artisti contemporanei che hanno interrogato gli stessi temi attraverso nuovi media e nuovi linguaggi come, tra gli altri, Judy Chicago, Kerstin Brätsch, Marianna Simnett, Andra Ursuţa, Diego Marcon e Chiara Fumai. In mostra anche alcuni preziosi testi provenienti dalla biblioteca della Contessa Morando, concessi in prestito dalla Biblioteca Trivulziana.Fata Morgana: memorie dall’invisibile non si propone di confermare l’esistenza del soprannaturale, ma di raccontare come, in diversi momenti storici, pratiche considerate eccentriche abbiano scardinato convenzioni artistiche e sociali, mettendo in discussione gerarchie di genere, autorità scientifiche e limiti del pensiero razionale. In un’epoca segnata da nuove forme di ossessione e nevrosi, disinformazione e fascinazione per il mistero, la mostra riflette anche sulle relazioni pericolose tra tecnologia, spiritualità e potere.Attraverso una rete di narrazioni visive – dai diagrammi per “macchine influenzanti” nate in contesti psichiatrici ottocenteschi, alle fotografie spiritiche, alle testimonianze di sedute medianiche – Fata Morgana compone un atlante dell’invisibile, un mosaico di mondi interiori, utopie, derive mentali e alternative radicali alla razionalità dominante. “Con Fata Morgana la Fondazione Nicola Trussardi rinnova la propria vocazione a esplorare territori artistici inattesi e a dare spazio a narrazioni alternative, portando l’arte contemporanea oltre i confini tradizionali – dichiara Beatrice Trussardi, Presidente della Fondazione Nicola Trussardi –. Dopo progetti come La Grande Madre e La Terra Inquieta, ci confrontiamo oggi con il potere perturbante dell’invisibile: in un’epoca attraversata da nuove forme di spiritualità e di ricerca interiore, abbiamo scelto di indagare come ciò che sfugge alla vista continui a segnare profondamente la storia dell’arte e a interrogare il presente. Non è un caso che il poema Fata Morgana di André Breton sia stato scritto nel 1940: nei momenti più bui, il bisogno di immaginare un altrove e di riconnettersi a dimensioni invisibili si fa più urgente. Questo progetto nasce dall’incontro tra visioni radicali e sensibilità eccentriche, in un intreccio di arte, scienza e ignoto che interpreta pienamente la missione culturale della Fondazione.” “Con Fata Morgana: memorie dall’invisibile Palazzo Morando si conferma non solo come un museo civico dedicato alla memoria storica della città, ma anche come un luogo capace di accogliere progetti espositivi visionari e sperimentali. Questa mostra, realizzata in collaborazione con la Fondazione Nicola Trussardi e curata da un team di respiro internazionale, intreccia storia, arte e spiritualità, restituendo al pubblico un viaggio affascinante tra visibile e invisibile, tra immaginazione e ricerca interiore. È un esempio virtuoso di come la cultura possa aprire nuove prospettive, rileggendo il passato con occhi contemporanei e offrendo spazi di riflessione su temi oggi più che mai attuali, come l’identità, il mistero e la libertà espressiva", dichiara Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura del Comune di Milano. Con una selezione di oltre cinquanta figure tra intellettuali, artiste e artisti storici e contemporanei, la Fondazione Nicola Trussardi, attraverso Fata Morgana: memorie dall’invisibile, invita a ripensare il ruolo del margine, dell’inspiegabile e del visionario nella creazione artistica, affidando il progetto a un team curatoriale di grande esperienza internazionale, che vanta per la prima volta in Italia ben due ex Direttori della Biennale di Venezia, e facendo di Palazzo Morando un portale per accedere a dimensioni altre, sospese tra passato e presente, tra immaginazione e realtà. Fata Morgana: memorie dall’invisibilecon opere e documenti di (lista in aggiornamento):Hilma af Klint, Kenneth Anger, Giulia Andreani, Wilhelmine Assmann, Annie Besant, Kerstin Brätsch, André Breton, Marguerite Burnat-Provins, Marian Spore Bush, Milly Canavero, Guglielmo Castelli, Judy Chicago, Fleury-Joseph Crépin, Maya Deren, Fernand Desmoulin, Germaine Dulac, Minnie Evans, Madame Favre, Olga Frobe Kapteyn, Chiara Fumai, Linda Gazzera, Madge Gill, Anna Haskel, Hector Hyppolite, Gertrude Honzatko-Mediz, Georgiana Houghton, Anna Howitt, Victor Hugo, Corita Kent, Pierre Klossowski, Emma Kunz, Augustin Lesage, Goska Macuga, Diego Marcon, James Tilly Matthews, Henry Michaux, Lee Miller, Jacob Mohr, Sister Gertrude Morgan, Louise Nevelson, Eusapia Palladino, Stanisłava Popielska, Carol Rama, Man Ray, Victorien Sardou, Marianna Simnett, Hélène Smith, Lily Stockman, Rosemarie Trockel, Comte de Tromelin, Andra Ursuța, Johanna Natalie Wintsch, Adolf Wölfli, Anna Zemánkovà, Unica Zürn.

Nan Goldin. This Will Not End Well

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Dall’11 ottobre 2025 al 15 febbraio 2026, Pirelli HangarBicocca presenta "This Will Not End Well", la prima retrospettiva dedicata al lavoro di Nan Goldin come filmmaker. A Milano la mostra riunisce il più grande corpus di slideshow mai presentato, include una installazione sonora appositamente commissionata e offre l’occasione di esporre per la prima volta in Europa in un contesto museale i suoi due più recenti slideshow. "Ho sempre desiderato essere una filmmaker. I miei slideshow sono film composti da fotogrammi", dice Nan Goldin.La retrospettiva è allestita in diverse strutture architettoniche, definite come padiglioni, progettati dall’architetta Hala Wardé, che già in varie occasioni ha collaborato con Goldin. Ciascun padiglione è concepito in risposta a un’opera specifica, e tutti insieme formano un villaggio. Benché il titolo della mostra "This Will Not End Well" [Non finirà bene] possa suonare cupo, è contestualmente carico di un’ironia benevola, ed esprime con forza la "caratteristica, incrollabile joie de vivre" di Goldin. L’esposizione include: The Ballad of Sexual Dependency (1981-2022), capolavoro di Goldin; The Other Side (1992-2021),ritratto storico, omaggio agli amici trans attraverso scatti intimi e privati realizzati tra il 1972 e il 2010; Sisters, Saints and Sibyls (2004-2022), testimonianza sul trauma familiare e sul suicidio; Fire Leap (2010-2022), incursione nel mondo dell’infanzia; Memory Lost (2019-2021), trip claustrofobico nell’astinenza da sostanze stupefacenti; e infine Sirens (2019-2020),viaggio nell'estasi della droga. A Milano, l'installazione Sisters, Saints and Sibyls (2004- 2022) sarà presentata all'interno del "Cubo", uno spazio in cui le dimensioni e l'altezza – che supera i 20 metri – richiamano la natura architettonica de La Chapelle de la Salpêtrière di Parigi, luogo in cui l'opera è stata originariamente commissionata ed esposta nel 2004. L'installazione presso Pirelli HangarBicocca sarà riproposta in una forma fedele all'originale, che comprende anche gli elementi scultorei, visibili da una piattaforma sopraelevata. In occasione della mostra in Pirelli HangarBicocca, curata da Roberta Tenconi con Lucia Aspesi, e ospitata nelle Navate, saranno inclusi due slideshow aggiuntivi: You Never Did Anything Wrong (2024), il primo lavoro astratto di Goldin, ispirato a un antico mito secondo cui un’eclissi sarebbe causata da animali che rubano il sole, è una meditazione poetica sulla vita, la morte e i cicli naturali che collegano tutti gli esseri viventi. La seconda opera, Stendhal Syndrome (2024), si basa su sei miti tratti dalle “Metamorfosi” di Ovidio che prendono vita attraverso i ritratti degli amici di Goldin in un dialogo visivo attraverso il tempo, e in cui l'esperienza personale dell’artista si intreccia con i suoi scatti di dipinti e sculture provenienti da musei di tutto il mondo.Inoltre, l’esposizione si aprirà con una nuova installazione sonora del collettivo Soundwalk Collective, che l’ha concepita in stretta collaborazione con l'artista. Come una sorta di preludio, l’opera guiderà i visitatori verso il simbolico villaggio di slideshow di Goldin. Il duo, formato dall’artista e compositore Stephan Crasneanscki e dal compositore Simone Merli, collabora con Nan Goldin dal 2015: hanno realizzato colonne sonore per progetti quali il documentario "All the Beauty and the Bloodshed" (2022), vincitore del Leone d'Oro alla 79ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, e ambienti sonori immersivi per installazioni come "The Women's March, 1789" (2019), presentata nell’ambito della mostra personale Visible/Invisible presso il Domaine du Trianon, Versailles, nel 2019. La nuova composizione, appositamente commissionata da Pirelli HangarBicocca, trae origine dalle registrazioni ambientali raccolte durante le precedenti edizioni della mostra di Goldin a Stoccolma, Amsterdam e Berlino. Dalle sonorità che scaturiscono dai padiglioni sovrapponendosi, emerge un nuovo ambiente acustico che traccia un ideale itinerario poetico tra spazi e tempi diversi. Nan Goldin (nata a Washington D.C. nel 1953) è una delle artiste di maggior rilievo nel panorama contemporaneo. La sua indagine dell'esperienza umana è ormai leggendaria, e ha influenzato profondamente generazioni successive. La sua prima opera, The Ballad of Sexual Dependency, documenta esperienze di vita a Provincetown, New York, Berlino e Londra a partire dagli anni '70 e '80 fino ai giorni nostri. Nel lavoro Goldin ha fotografato con ruvida tenerezza il suo gruppo di amici, creativi e bohémien. I suoi scatti catturano istanti di intimità e sessualità, il quotidiano e feste sfrenate, mettendo in luce il conflitto tra autonomia e dipendenza. Goldin appartiene alla generazione che ha sperimentato la libertà e stili di vita prima dell’AIDS, e un mondo alternativo fuori delle norme sociali. La sua opera si pone dunque come una testimonianza dell’epoca. Intorno al 1980 l’artista ha iniziato a presentare i suoi slideshow in diversi club e spazi pubblici di New York, in cinema underground e festival cinematografici europei. In ciascuna di queste occasioni, Goldin ha aggiornato e rieditato The Ballad of Sexual Dependency, utilizzando proiettori di diapositive azionati direttamente da lei e con una eclettica colonna sonora di sottofondo. È proprio la capacità di Goldin di rivisitare gli slideshow che nel tempo ha definito il cuore della sua pratica artistica. Negli ultimi 40 anni, Goldin ha prodotto una decina di slideshow diversi, che spaziano da ritratti di amici a racconti di eventi familiari traumatici. Col tempo, l'artista ha aggiunto alle sue opere altri elementi quali immagini in movimento, voci e materiali d'archivio. Oltre all'influenza che Goldin ha esercitato sull’arte e sul sistema dell'arte, è difficile pensare all’odierna fotografia di moda e pubblicitaria senza riflettere sui suoi rivoluzionari paradigmi visivi.Numerose sono le istituzioni internazionali che hanno ospitato mostre personali di Nan Goldin, tra cui: National Gallery of Australia (2023), Neuer Berliner Kunstverein, Berlino (2022), Art Institute of Chicago (2020), Tate Modern, Londra (2019), Triennale di Milano (2017), MoMA Museum of Modern Art, New York (2016), Museu de Arte Moderna, Rio de Janeiro (2012), Musée du Louvre, Parigi (2010), Kiasma, Helsinki (2008), Centre Pompidou, Parigi (2007, 2001), La Chapelle de la Salpêtrière, Parigi (2004), Musée d'Art Contemporain de Montréal, Quebec (2003), Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea, Torino, Museu Serralves, Porto, Whitechapel Art Gallery, Londra (2002), Reina Sofía, Madrid (2001), Kunsthalle Wien, Vienna (1998), Stedelijk Museum Amsterdam (1997), Fotomuseum Winterthur (1997), Whitney Museum of American Art, New York (1996), Kunstmuseum Wolfsburg (1996), Neue Nationalgalerie, Berlino (1994), Moderna Museet, Stoccolma (1993) e The Institute of Contemporary Art, Boston (1985).Le opere dell’artista sono state presentate in diverse edizioni della Biennale del Whitney di New York (1985, 1993, 1995) e in occasione della Biennale di Sydney (1996). Dopo quattro decenni di pratica artistica, nel 2022 è stata invitata a partecipare alla Biennale di Venezia con lo slideshow Sirens (2019-2021).Goldin è stata nominata Commandeur des Arts et des Lettres nel 2006, e ha ricevuto numerosi e prestigiosi premi, tra cui il Kering Women in Motion Award for Photography (2025), il Käthe Kollwitz Prize, Berlino (2022), la Centenary Medal della Royal Photographic Society di Londra (2018), la Edward MacDowell Medal, New Hampshire (2012) e l'Hasselblad Award, Göteborg, Svezia (2007). P.A.I.N. e paradigmi rivoluzionari di espressione visivaNan Goldin si è sempre confrontata, con approcci differenti, con questioni sociali quali identità di genere, salute mentale e AIDS. In Memory Lost, ad esempio, visibile anche in questa mostra, l’artista evoca i lati più oscuri della tossicodipendenza. Nel 2017 Goldin ha fondato P.A.I.N. (Prescription Addiction Intervention Now), un “gruppo di azione” indirizzato contro la famiglia Sackler. Il gruppo ritiene la famiglia di miliardari responsabile di aver innescato la crisi epidemica da overdose di oppioidi. I Sackler figurano fra i maggiori donatori di numerosi e rilevanti musei internazionali. Ciononostante, molte di queste istituzioni hanno risposto alle pressioni di P.A.I.N. rimuovendo ogni traccia del nome Sackler dalle loro sedi. Il tour internazionaleIl tour internazionale della mostra è organizzato da Moderna Museet di Stoccolma (29 ottobre 2022 - 26 febbraio 2023), in collaborazione con Stedelijk Museum Amsterdam (31 agosto 2023 - 28 gennaio 2024), Neue Nationalgalerie di Berlino (23 novembre 2024 - 6 aprile 2025), Pirelli HangarBicocca di Milano (11 ottobre 2025 - 15 febbraio 2026) e Réunion des musées nationaux - Grand Palais di Parigi ...

INDIA. Of Glimmers and Getaways

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Nessuna atmosfera New Age, né esotiche divinità o seducenti star di Bollywood per il nuovo progetto collettivo del PAC dedicato alle culture del mondo attraverso lo sguardo degli artisti contemporanei. La mostra presenterà quel flusso di sperimentazione e ricerca che ha investito l’arte contemporanea indiana in tutte le sue forme espressive. Frutto di un lavoro di ricerca lungo e articolato ad opera del collettivo di artisti RAQS, che sono anche i curatori del progetto, la mostra si propone di immortalare come in un’istantanea diverse generazioni di artisti che si confrontano con pittura, fotografia, scultura, installazione, web art e cinema. Uno spaccato sull'arte e sulla vita nell’India di oggi, partendo dal basso, dalle strade, allegoriche e non: percorsi solcati da flussi migratori e autostrade informatiche, collegamento (e frattura) tra realtà rurale e innovazione tecnologica.